Nel 2020, secondo i dati diffusi dalla polizia postale, sono aumentati esponenzialmente i tentativi di adescamento e i reati di natura sessuale online, nei confronti dei minori, rispetto all’anno precedente. Un ulteriore aumento è stato registrato quest’anno e non a caso. Anzi si tratta di un fenomeno, con ogni probabilità legato alla sovraesposizione che bambini e ragazzi subiscono, dall’inizio della pandemia al mondo virtuale. Tutto ciò, anche a causa del Dad, che ha finito per sostituire totalmente le lezioni in presenza: spesso si registra il tentativo da parte dei pedofili, di entrare in contatto in tutti i modi con i minori, sapendo che sono costretti a casa e passano gran parte delle ore davanti al computer.
Ne abbiamo parlato con don Fortunato di Noto, fondatore di Meter Onlus, da sempre impegnato nella lotta contro la pedopornografia
Don Fortunato, parliamo della Dad nelle scuole, quanto questo costituisce un pericolo, se pensiamo che i ragazzi sono costantemente connessi ad internet, di incappare nella pedofilia online?
«In merito alla Dad, devo dire che io sono un fautore, da sempre, dell’utilizzo consapevole e responsabile, ovviamente, non nella forma della dipendenza, delle nuove tecnologie. Io credo che, da questo punto di vista, dobbiamo essere equilibrati. In questo caso la DAD, se vissuta secondo dei criteri e dei comportamenti sani ed equilibrati, è utilissima. Ovviamente non è sufficiente. Non si vive di schermo sociale, ma di vita reale. Fondamentali le lezioni in presenza, il confronto con i propri compagni, il confronto con i docenti: tutto ciò è essenziale. Certamente l’uso prolungato di questo strumento ha delle conseguenze e io stesso me ne accorgo. Essendo parroco, vedo i ragazzi della mia parrocchia davvero stanchi. Ho fatto le confessioni ad una cinquantina di adolescenti che sottolineavano quanto fossero stanchi di questa modalità di fare scuola: lo manifestano apertamente. Quando li ho invitati alla celebrazione penitenziale, con tutte le cautele del caso, per loro è stato un grande dono perché hanno potuto vedersi, incontrarsi. Sicuramente la DAD può essere un mezzo importante, ma dobbiamo anche cercare di capire dove ci porterà. Forse dovremmo già pensare a dei sostegni per chi ha una difficoltà psicologica legata a questo sistema di apprendimento».
Dunque il problema è anche nell’uso prolungato della Dad, ovvero al fatto che la si sta usando da troppo tempo, non ha più lo spazio di una parentesi di emergenza?
«Certo, perché ora la tendenza da parte dei grandi colossi è quella di utilizzare la Dad non solo per questioni didattiche, ma per questioni di business: computer, collegamenti, abbonamenti. I grandi colossi su questa storia stanno facendo veramente affari. Cosa succede allora? Un conto è la DAD, nello spazio delle ore scolastiche, un conto è l’avere costantemente a disposizione gli smartphone. Oltre alla DAD c’è l’utilizzo di questi mezzi di comunicazione. Dunque avere a casa, sempre vicino lo smartphone cosa può provocare? Può provocare, nei ragazzi, soprattutto se si sono iscritti ai social e non hanno la lucidità di sapersi difendere e identificare ciò che può arrecare loro danno, la possibilità di naufragare in queste forme di adescamento. La polizia postale ha infatti diffuso un dato preoccupante ultimamente: le denunce sono aumentate del 136%. Il problema dunque c’è ed esiste. I genitori sono allarmati, ci segnalano, ci scrivono, perché evidentemente si gioca troppo con la tecnologia».
Parliamo della Dad per gli alunni disabili che hanno accesso alla tecnologia e devono essere costantemente controllati. Ma quando sfuggono dal controllo degli adulti non sono maggiormente esposti agli stessi pericoli?
«Innanzitutto dipende dal grado della disabilità. Certo, loro sono particolarmente fragili ma certamente bisogna capire il grado della disabilità. Bisogna capire se loro usufruiscono della DAD per i programmi che sono indirizzati alla loro situazione di disabilità e sono condotti, guidati, orientati. Ci dev’essere sempre qualcuno accanto che li sostenga. Credo che forse, da questo punto di vista, ci sia un maggiore controllo. Ma comunque bisogna vedere che tipo di programma si utilizza. Noi ad esempio abbiamo il centro dell’autismo e non utilizziamo minimamente i computer ma facciamo di tutto per organizzare lavori manuali, con tutte le cautele, sicuramente con grande controllo sotto ogni aspetto. Io sono convinto che uno stato che ami i piccoli, i fragili, i disabili, deve aiutare tanto le famiglie. Non si possono rosicare risorse alle famiglie dei disabili. E’ una grande vergogna quando accade».