Disobbedienza civile è ciò che promette don Carmine Arice, il Superiore Generale del complesso ospedaliero Cottolengo di Torino, in seguito alla recente approvazione del ddl sulle DAT.
Il Vescovo di Torino, S.E. Mons. Nosiglia, ha espresso il suo appoggio a don Arice, in una nota che riportiamo in calce.
La legge infatti prevede che, qualora un paziente richieda i suoi effetti eutanasici per sé o per l’incapace che egli rappresenta, tutti i medici, senza alcuna eccezione, siano tenuti ad osservarli. E ciò riguarda tutte le strutture sanitarie, comprese quelle cattoliche.
Essendo perciò esclusa dal testo di legge delle DAT ogni forma di obiezione di coscienza, non resta che prendere una posizione chiara e decisa. La vita dei più deboli deve essere difesa e, con essa, anche la libertà del medico di agire secondo coscienza.
E questo è ciò che sta facendo Don Arice, il quale – come riporta un articolo de L’Occidentale – afferma: «Non possiamo eseguire pratiche che vadano contro il Vangelo, pazienza se la possibilità dell’obiezione di coscienza non è prevista dalla legge: è andato sotto processo Marco Cappato che accompagna le persone a fare il suicidio assistito, possiamo andarci anche noi che in un possibile conflitto tra la legge e il Vangelo siamo tenuti a scegliere il Vangelo».
Un annuncio coraggioso e che deve essere da esempio per tutti: cattolici e non. Infatti, lasciar morire di fame e di sete una persona è forse un compito del medico?
Compito del personale sanitario dovrebbe essere piuttosto, come dice Don Arice, quello di «creare condizioni che permettano a chi è solo e in condizioni di difficoltà e sofferenza di non invocare la morte».
«Invece – continua il sacerdote, in riferimento alle DAT – vediamo prevalere troppo spesso la cultura dello scarto che spinge le persone più deboli a dire “tolgo il fastidio”».
Speriamo che sempre più persone, in particolare cattolici, si decidano a combattere, ognuna con i suoi mezzi, la “buona battaglia“, di paolina memoria, in difesa della vita umana, dei più deboli e della vera libertà.
Luca Scalise
Queste le parole di Mons. Nosiglia (fonte SIR):
“Intendo esprimere anche pubblicamente, come ho già fatto di persona, il mio apprezzamento a don Carmine Arice, padre generale della Piccola Casa della Divina Provvidenza, per la decisione di non applicare, nelle strutture ospedaliere del Cottolengo, le ‘disposizioni anticipate di trattamento’ per il fine vita, anche andando incontro a tutte le conseguenze di legge che tale scelta comporta. Le ragioni di merito addotte sono molto chiare e riguardano i valori cui facciamo riferimento, come credenti e come Chiesa, sul significato della vita umana, in ogni istante e nella sua conclusione”.
Nosiglia poi ricorda che la Chiesa “ha già stabilito i criteri della proporzionalità delle cure e si è espressa, ancora recentemente con Papa Francesco, contro l’accanimento terapeutico e contro l’eutanasia. Anche il presidente della Cei, cardinale Gualtiero Bassetti, ha ribadito che ‘ai vescovi sta a cuore che venga riconosciuta oltre alla possibilità di obiezione di coscienza del singolo medico, quella che riguarda le nostre strutture sanitarie’”.
Aggiunge poi: “la ‘cultura della vita’ è all’opposto della ‘cultura dello scarto’. Gli anziani, le persone malate vanno pienamente difese e tutelate nei loro diritti e quello della vita è prioritario: non possiamo pensare che esistono, in questo Paese, diritti di serie A e diritti di serie B. Invece, nel nuovo quadro normativo si aprono prospettive pericolose e inquietanti anche sui rischi di abusi sulla vita, motivati dai ‘costi’ di mantenimento delle persone malate”.
Conclude invitando le comunità religiose, le istituzioni, le associazioni e tutti i volontari che operano nel mondo sanitario e assistenziale della diocesi di Torino ad “avere il coraggio di fare scelte di coerenza morale e di testimonianza anche andando controcorrente, quando si tratta di salvaguardare e promuovere la vita sempre dal suo primo istante al suo naturale tramonto”.
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