Sviluppo integrale e collaborazione piena e fiduciosa tra famiglie e imprese. Sono questi gli obiettivi che, non da oggi, caratterizzano l’Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti (UCID). La sezione giovanile del movimento ha rinnovato le sue cariche la scorsa settimana. Benedetto Delle Site è il nuovo presidente nazionale, mentre Simona Mulé ha assunto l’incarico di segretario generale e il coordinamento delle giovani donne UCID. A colloquio con Pro Vita & Famiglia, Benedetto Delle Site ha illustrato il modello UCID, in cui i principi della sussidiarietà e della presenza sul territorio, unitamente alle nuove modalità come il “lavoro agile”, offrono un’opportunità per la ripresa a seguito della crisi pandemica. 31 anni, romano, Delle Site è fondatore e CEO dello studio di consulenza Delle Site & Partners. Nell’UCID giovani ha ricoperto fino a pochi giorni fa, le cariche di presidente regionale nel Lazio e di vicepresidente nazionale.
Quali sono i principali punti programmatici del suo mandato da Presidente nazionale del Movimento Giovani UCID?
«Oggi l’Italia e l’Europa in crisi necessitano della testimonianza coraggiosa di una nuova generazione di cristiani capaci di affermare con la propria leadership i valori e i principi della Dottrina sociale della Chiesa, nel mondo economico e presso le istituzioni. Partendo dai giovani e dai territori vogliamo selezionare, formare e fortificare una nuova classe dirigente che, laddove gli avvenimenti lo chiedano, sia pronta a schierarsi per il bene. Il beato Giuseppe Toniolo ripeteva che il cristiano che vuole incidere nella società e nell’economia deve possedere visione e competenza. Avere l’una senza l’altra ci porta agli errori dell’utopia e della tecnocrazia. Per questo puntiamo a rafforzare la nostra offerta formativa e il cammino di crescita morale e spirituale che l’UCID propone a imprenditori e dirigenti per farne i nuovi opinion leader in grado di trasferire i loro valori a cascata a tutta la società».
Durante il webinar di ieri, lei ha parlato dei punti di forza del vostro modello “territoriale”: cos’è che vi avvicina di più ai principi di sussidiarietà e della dottrina sociale della Chiesa?
«L’Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti nasce nel 1947, su impulso del cardinale Giuseppe Siri, nell’ambito del movimento di opere e di pensiero dei cattolici impegnati nella ricostruzione materiale, morale e spirituale dell’Italia nel Dopoguerra. La Dottrina sociale ci aiuta a osservare, giudicare e agire sulle molteplici realtà. Oggi l’UCID vanta una diffusa articolazione territoriale attraverso le Sezioni locali e i Gruppi regionali, che possono farsi, nel proprio territorio, soggetti promotori di un circuito virtuoso di sussidiarietà che coinvolga corpi sociali e istituzioni, organizzazioni dell’industria, del management, banche, enti pubblici e privati, chiesa locale, mondo della formazione e società civile declinando attraverso progetti, proposte e soluzioni innovative la saggezza sociale della Chiesa».
In che misura le imprese possono essere di aiuto alle famiglie in questa fase di “ripresa e resilienza”?
«Le imprese e le famiglie devono rinnovare la propria alleanza: oggi entrambe rappresentano la maggioranza silenziosa che di fatto regge il Paese ma è misconosciuta da coloro che scandiscono i temi su cui si confronta e divide la sedicente opinione pubblica. Per questo è necessario che la conciliazione famiglia-lavoro sia promossa all’interno dell’azienda adottando un’ottica di medio-lungo periodo che è tipica della responsabilità sociale d’impresa. Il cosiddetto “lavoro agile” può aiutare e occorre sviluppare buone pratiche e farne dei modelli. Molti imprenditori coraggiosi si sono distinti per scelte di campo, ad esempio, contro i licenziamenti delle madri lavoratrici, andrebbero premiati».
Un’emergenza di questi tempi (accentuatasi in modo particolare con la crisi pandemica) è l'inverno demografico: le imprese come possono contribuire ad affrontarlo?
«Lo ha ricordato anche il Ministro dello Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti, durante il suo intervento in qualità di ospite alla nostra Assemblea nazionale. Si tratta dell’emergenza più grande perché non si risolve solo attraverso la politica economica: serve anche questa ma occorre rimettere al centro di tutto la persona umana e il suo sviluppo integrale. Ecco che tornano i valori etici e spirituali, che sono la vera fonte del benessere anche materiale. Serve recuperare una cultura e un’antropologia adeguata, come la definiva San Giovanni Paolo II. È certamente necessario, ma non basta finanziare le giovani coppie e gli imprenditori virtuosi se la cultura dominante propone e impone strade più facili e illusorie. Per questo, la sfida più grande, anche per noi uomini e donne d’impresa cristiani, è quella educativa».