Esistono molti termini greci che possono essere tradotti in italiano con vita: il più noto di tutti è certamente bios. E’ un termine importante e interessante, perché allude non solo alla vita che noi chiameremmo, appunto, biologica (la vita cioè che ha un inizio e una fine, la vita dell’ organismo, vegetale, animale o umano, che nasce e che muore), ma fa riferimento anche a tutte quelle condizioni che qualificano la vita e senza delle quali la vita stessa difficilmente potrebbe essere pensata. Quando viene riferita agli uomini, bios indica quindi anche un insieme dei beni spirituali, economici e sociali, l’insieme degli averi, e al limite delle ricchezze, che distinguono la vita degli uomini da quella degli animali. Gli uomini infatti possono essere più ricchi o più poveri, mentre gli animali possono essere più forti o più deboli organicamente, ma di certo non più abbienti o più indigenti. In questo senso troviamo usata la parola bios in una delle più famose parabole del Vangelo, quella del Figliol prodigo (Luca, 15.12), quando ci viene raccontato come il padre, dopo l’arrogante richiesta da parte del figlio minore di avere ciò che gli spetta, divide tra lui e il fratello il bios. Nelle traduzioni italiane si usa in genere il termine “sostanze”, anche per meglio far comprendere che proprio queste verranno dissipate dal giovane prodigo, ma si tratta di una traduzione povera, anche se forse una migliore non ce n’è.
Per noi, la valenza greca di bios può essere illuminante. Dobbiamo proteggere il bios dell’uomo, non c’è alcun dubbio. Ma non dobbiamo pensare riduttivamente al bios come alla mera vita fisica della persona (che è ovviamente, peraltro, la dimensione radicale di ogni esistenza personale): è parte del bios il contesto nel quale gli esseri umani vivono, quel mondo della vita che non ha solo un carattere naturalistico (anche esso ovviamente essenziale, perché in un ambiente inquinato oltre ogni limite non possiamo sopravvivere), ma possiede anche e soprattutto un carattere antropologico. In una sola espressione, molto semplice ma decisiva, il nostro bios va pensato e costruito in un orizzonte di valore: difendere la vita significa difendere una vita buona, capace di garantire la nostra dignità, l’ordine della nostra spiritualità e dei nostri affetti, la solidarietà, la possibilità di crescita e di sviluppo individuale e relazionale, la pace. Si difende la vita dicendo di no ad ogni forma di sopraffazione e di violenza, ad ogni stile di vita socialmente e umanamente degradante, all’abbandono dei più deboli; la si difende condannando la menzogna, l’egoismo, l’arroganza, la ricerca ottusa e frenetica del piacere individuale, la tossicodipendenza. La si difende riconoscendo già nell’ embrione, fin dall’ inizio del concepimento, cioè nella forma di vita più fragile, più nascosta, meno capace di difendere se stessa, una vita umana a pieno titolo, la vita di uno di noi. Non dobbiamo avere difficoltà ad ammettere che le battaglie dei movimenti per la vita hanno, oltre a concrete finalità operative, un essenziale carattere simbolico. E’ infatti attraverso simboli che si può percepire come la vita umana, diversamente dalla vita animale (pur meritevole di pieno rispetto) non resti mai nel limite delle sue condizioni ambientali di possibilità (l’acqua per i pesci o l’aria per gli uccelli), ma vada sempre oltre se stessa, tenda sempre a trascendersi. Quell’embrione, che alcuni vedono come mero materiale cellulare per la sperimentazione scientifica (e che altri, peggio ancora, come materiale da cui trarre un lucro economico), per la donna che aspira alla maternità è il soggetto in cui si concentrano tutti i suoi desideri e tutte le sue speranze, non solo per l’oggi o per il domani, ma per tutto l’arco della vita, poiché si è e si resta madri (e si è e si resta figli) indipendentemente dall’età “biologica”. Quando il padre, nella parabola del Vangelo di Luca, divide il bios tra i figli non si limita a procedere ad una mera ripartizione economica: in qualche modo divide se stesso. E quando il figliol prodigo ritorna nella casa del padre, l’evento ha una valenza che rimette in gioco tutto il bios familiare, ben al di là del gretto calcolo economicistico che turba la mente del pur onesto figlio primogenito. Il nostro bios ha una complessità che unisce materia e spirito, la biologia e l’ordine degli affetti (un ordine che della biologia è infinitamente più ricco e complesso). L’impegno per la vita deve partire da questa consapevolezza.
di Francesco D’Agostino