17/06/2013

Dissidente cinese cieco perde casa all’Università di New York

Chen Guangcheng, l’avvocato cinese cieco la cui drammatica fuga dalla sua casa altamente sorvegliata nella campagna di Shandong lo ha portato alla fine a essere esiliato dalla Cina e a prendere posto come professore invitato all’Università di New York nel maggio 2012, lascerà l’università entro un mese.

La notizia che l’Università di New York stava smettendo di sostenere Chen è stata riportata per prima dal New York Post, nelle prime ore del 13 giugno. «Cinese portato via», si legge in maiuscolo. «ESCLUSIVO: Università di New York espelle dissidente cieco». Il New York Post non ha parlato a Chen prima di riportare la storia.

Secondo le affermazioni dell’Università di New York, così come quelle di un professore che lavora con Chen e di una persona vicina a lui che non desidera essere identificata, Chen Guangcheng e sua moglie sapevano di dover lasciare a un certo punto l’Università di New York e non erano particolarmente sorpresi quando gli è stato chiesto di lasciare il posto dalla fine di giugno.

The Epoch Times ha contattato Chen e sua moglie, Yuan Weijing, diverse volte sui due cellulari, via sms e via voce, ma dopo aver accettato una chiamata, Yuan non ha voluto dire quando avrebbero dovuto lasciare l’università o altre informazioni; ha detto che era controproducente parlare, dicendo che avrebbe chiuso la chiamata.
Sebbene fosse stato chiesto loro di sgombrare gli appartamenti dalla fine di giugno, è poco probabile che saranno in grado di partire quel giorno, dato che il 23 giugno andranno per due settimane a Taiwan, una gita precedentemente organizzata e accompagnata da Jerome A. Cohen, professore di diritto cinese all’Università di New York che ha negoziato la loro permanenza.

L’università ha dichiarato di non aver messo sotto pressione Chen a causa delle sue affermazioni pubbliche, ma una persona vicino a lui afferma che i Chen avevano sentito che all’Università di New York non piaceva che lui fosse così esplicito sui diritti umani in Cina e sentiva in qualche modo pressione dall’Università. Chen sentiva anche di trovarsi in mezzo agli interessi dei conservatori e dei liberali negli Stati uniti, ognuno con il desidero che lui fosse associato esclusivamente con le loro cause, essendo collegati ai diritti umani in Cina.

I Chen non desiderano commentare gli articoli fin quando non avranno deciso il prossimo passo, secondo la persona vicina a Chen. Attualmente hanno almeno due scelte: una posto della durata di tre anni all’Istituto Witherspoon – un gruppo di esperti per il diritto alla vita di New Jersey – e una posizione come studioso invitato all’Università di legge di Fordham, a New York.

L’articolo originale sulla partenza di Chen si concentrava sulla presunta pressione che aveva ricevuto dall’università e suggeriva che sarebbe stato forzato a lasciarla poiché l’istruzione in Cina era in espansione, con un grande campus a Shanghai.

L’articolo cita un anonimo «professore residente a New York con una situazione simile a quella di Chen», che ha affermato: «Il grosso problema è che l’Università di New York è compromessa dal loro lavoro con i Cinesi per fondare un’università. … Altrimenti sarebbero molto meno oppressi sulle questioni come la libertà di parola».

Per entrambe le dichiarazioni del professor Jerom Cohen e del portavoce dell’Università Jong H.Beckman, quest’idea era esplicitamente scontata. «Se fosse vero, perché l’Università di New York avrebbe portato il signor Chen sulla punta dell’entusiasmo popolare e perché le autorità Cinesi ci avrebbero fornito i permessi per andare avanti con i nostri campus di Shanghai DOPO il suo arrivo qui?», secondo quanto scritto da Beckman. Cohen ha aggiunto di non aver sentito nulla del genere.

L’Università ha sistemato Chen, sua moglie Yuan Weijing e i loro due figli in un appartamento vicino al Washington Square Village nel centro di Manhattan, dove hanno apprezzato la città e goduto «di tutti i cibi esotici che la città ha da offrire», secondo un’intervista con Chen all’Alumni magazine dell’Università. Chen aveva un curriculum “su misura” tra cui il diritto costituzionale e la Dichiarazione d’Indipendenza come sua guida di studio inglese.

Mentre portava avanti i suoi studenti, Chen è diventato sempre più schietto sulle violazioni dei Diritti Umani in Cina, una serie di eventi non previsti all’inizio della sua permanenza all’Università.

Una storia dell’Associated Press diceva allora: «Alcuni difensori dei diritti umani hanno detto che Chen può essere più efficace negli Stati Uniti, dove può parlare liberamente. Ma Cohen affermava che Chen, avendo ricevuto una borsa di studio per studiare all’Università, si sarebbe concentrato probabilmente sui suoi studi nei prossimi anni e forse non avrebbe dedicato tanto tempo ai suoi attivismi politici».

Il pezzo continua a citare il professor Cohen dicendo: «Forse tornerà velocemente in Cina alla fine dell’anno se le cose saranno buone. Inizialmente si dedicherà a un anno di serio studio e procederà con calma».

Chen voleva ritornare in China «a un certo punto», secondo quanto afferma The Associated Press.

Tuttavia, la possibilità è diventata chiaramente più remota nel corso degli anni successivi.

Chen ha continuato a fare dichiarazioni irremovibili sui diritti umani in Cina e le autorità hanno continuato a molestare e punire i suoi familiari in Cina. Non è ancora chiaro se le crescenti relazioni tese tra il regime cinese e Chen Guangchen e famiglia fossero servite a velocizzare la partenza di Chen dall’Università di New York.

Suo nipote, Chen Kegui, è stato condannato a tre anni di carcere nel novembre 2012, presumibilmente per «lesioni premeditate», dopo essersi difeso con coltelli da cucina da alcuni delinquenti associati al governo locale, entrati in casa armati di mazze. «Mi hanno circondato, un uomo mi ha colpito diverse volte con uno spesso bastone di legno», ha detto Chen in una sensazionale intervista dopo l’incontro. «Non avevo altra scelta se non sfregiarli con i miei coltelli». Inoltre, a Chen Kegui sono state negate le cure mediche per l’appendicite acuta, secondo i rapporti, mentre gli altri membri della famiglia, a quanto si dice, hanno ricevuto minacce di morte.
A maggio di quest’anno, è stata interrotta la linea telefonica e i pagamenti dell’assistenza sociale all’anziana madre di Chen.

Nel frattempo Chen continuava a parlare in pubblico sulle violazioni dei diritti umani in Cina. Si è unito a una coalizione di trenta gruppi che hanno chiesto al presidente Obama di sollevare la questione quando avrebbe incontrato il leader del Partito Xi Jinping la settimana prima in California, affermando in una recente intervista: «Il comunismo è sempre stato una truffa».

Ultimamente, Chen ha firmato una lettera con il Premio Nobel per la Pace Archbishop Desmond Tutu, il quale ha elencato un’interminabile serie di violazioni dei diritti in Cina. In una lettera del 4 giugno ha detto: «Un indefinito numero di prigionieri, si presume decine di migliaia, sono stati giustiziati e i loro organi espiantati per essere venduti – una pratica così spregevole è oltre la nostra comprensione».

di Matthew Robertson

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