Come ogni 8 marzo, ieri, in occasione della Giornata Internazionale della Donna, le organizzazioni abortiste di tutto il mondo ci hanno ricordato che noi donne abbiamo bisogno innanzi tutto di aborto “libero, subito e gratuito”.
Ci hanno ricordato come essenziali i “diritti sessuali e riproduttivi”. In nome dell’autodeterminazione e dell’emancipazione delle donne, “l’utero è nostro e lo gestiamo noi”.
Il Population Institute, l’Ipas, CHANGE, i Catholics for Choice, la Women Deliver, e il Center for Reproductive Rights hanno addirittura indetto una “festa via twitter”, invitando tutte le donne a twittare un certo hashtag (#IWD2016) per chiedere l’accesso all’aborto sicuro e legale come fosse un diritto umano fondamentale.
Ovviamente, tutto il sistema ignora completamente il bambino nel grembo (perché è piccolo, tanto che – magari – neanche si vede). Lui non ha alcun diritto a vivere, ovviamente.
Non solo. A quanto pare non importa neanche la vita dei milioni di bambine, che vengono abortite solo perché femmine: ciò accade , sì, in estremo Oriente, ma anche nella vicina Inghilterra, negli Stati Uniti e in tutti quei Paesi “civili” come il nostro dove nel procedimento della fecondazione artificiale (con o senza successivo affitto di utero) le cliniche per la fertilità promettono la selezione degli embrioni, anche in base al sesso. Del resto, anche in caso di gravidanza naturale, ormai basta una semplice analisi del sangue della madre per predire il sesso del nascituro. E i medici che si prestano a praticare aborti solo perché la bambina è del sesso “sbagliato” lo giustificano dicendo che ne va della salute psichica della madre...
Insomma, non solo ci sono persone di serie A che meritano di vivere e persone di serie B che non lo meritano. Ma tra queste ci sono anche donne di serie A (che hanno l’utero di proprietà e possono /devono decidere di tutto ciò che c’è dentro), donne di serie B, che l’utero lo affittano per bisogno (e passano 9 mesi da schiave) e donne di serie C, che sono quelle piccoline che non hanno neanche diritto di nascere.
Evviva le donne!
Francesca Romana Poleggi