L’associazionismo pro family ha ottenuto alcune importanti vittorie negli ultimi mesi. Dopo il ritiro delle linee guida per l’educazione gender nelle scuole della Regione Lazio, in ottobre è arrivato lo stop al ddl Zan in Senato. Non è però il momento di abbassare la guardia, tutt’altro. Uno dei fronti su cui è importante vigilare è la “carriera alias”, adottata in diverse scuole e università italiane, che permette allo studente di iscriversi con un nome e un’identità di genere diverse da quelle anagrafiche. Di questo e di molto altro si è parlato stamattina presso la Sala Caduti di Nassirya, al Senato della Repubblica, alla presenza di parlamentari e rappresentanti dell’associazionismo familiare. Per l’occasione, è stato presentato, la scorsa settimana, il saggio Educazione alla affettività. Un patto di alleanza tra famiglia e scuola.
«Qui al Senato vogliamo lanciare un messaggio chiaro e preciso: ogni bambino ha diritto a un papà e a una mamma – ha dichiarato il senatore Antonio De Poli (Forza Italia), questore del Senato –. Educare i nostri ragazzi vuol dire promuovere il loro benessere e la loro crescita ma vuol dire anche promuovere la crescita di tutta la nostra società».
Impossibilitata a partecipare al dibattito, la senatrice Licia Ronzulli (Forza Italia), presidente della Commissione Parlamentare Infanzia e Adolescenza, ha inviato una relazione scritta, letta dal senatore Simone Pillon, promotore e moderatore dell’incontro. Prendendo atto che «nel 99% dei casi», la fase critica della crescita adolescenziale viene superata normalmente «con l’ingresso nell’età adulta», la senatrice Ronzulli ha auspicato che in Italia non vengano imposti «percorsi privi di basi scientifiche che spesso conducono a terapie ormonali» quando non a vere e proprie «amputazioni genitali». In molti casi, ha ricordato la senatrice, si tratta di «scelte irreversibili e con gravi ripercussioni psicofisiche». La scuola, ha aggiunto Ronzulli, deve essere «preservata da derive ideologiche», mentre la famiglia deve precedere la scuola stessa in quanto «insostituibile agenzia educativa per i propri figli».
La centralità della famiglia nel processo educativo è stata sostenuta anche dal presidente del Family Day, Massimo Gandolfini, che ha individuato un altro principio fondamentale: «Il primo punto di riferimento per un bambino è il proprio corpo», quindi, «tutto ciò che è relato al proprio corpo è l’elemento basilare su cui costruire una personalità davvero armonica e coerente». Pertanto, ha proseguito Gandolfini, «dire che il corpo è un evento biologico di secondaria importanza, perché quello che conta è come lui percepisce di essere, è davvero un terremoto nella costruzione della personalità di un bambino».
Il leader del Family Day si è quindi soffermato sul delicato tema della transizione di genere tra gli adolescenti, che in alcuni paesi sta diventando una vera e propria «moda», quasi un «fenomeno automatico». Di fronte all’exploit delle transizioni, in particolare nei paesi anglosassoni e del Nord Europa, ha ricordato Gandolfini, ci sono tuttavia segnali di inversione di tendenza: in particolare nel Regno Unito, dopo la storica sentenza dell’Alta Corte britannica, si sta affermando la «categoria dei detransizionisti». Aiutare chi sta compiendo questo percorso inverso, ha sottolineato Gandolfini, è doveroso in quanto si tratta di «aiutare le persone più fragili», pertanto nessuna accusa di «discriminazione» potrà essere fatta contro chi vuol mettere in discussione l’approccio disinvolto e poco scientifico con cui viene affrontato il tema della transizione di genere.
Sulla stessa lunghezza d’onda si è posta Maria Rachele Ruiu, membro del direttivo di Pro Vita & Famiglia e coordinatrice della Commissione Scuola dell’associazione Family Day. Sui media, a partire da social come TikTok, ha sottolineato Ruiu, i ragazzi sono bombardati da contenuti sulla disforia di genere e sulla fluidità sessuale, per cui è legittimo che i genitori rivendichino risposte per il benessere dei propri figli. Non è quindi ammissibile che chiunque non accolga questa prospettiva debba essere per forza bollato come «odiatore seriale» o come qualcuno che «non accoglie». Al contrario, ha affermato Ruiu, una vera «inclusività» sussiste solo «se c’è una corretta educazione all’affettività». Inoltre, ha aggiunto, finché «il mondo degli adulti e della scienza» non avrà fatto chiarezza sulle reali conseguenze della transizione di genere, tali concetti «non potranno entrare nelle scuole».
La senatrice Tiziana Drago (Fratelli d’Italia) si è invece soffermata su un altro aspetto, meno discusso degli altri: il ruolo della coppia nell’educazione affettiva dei figli. «Educare i figli non è qualcosa di strutturato, né organizzato – ha detto la parlamentare – e i ragazzi imparano più da quello che vedono che da quello che gli viene insegnato». Anche per questo, ha proseguito la senatrice Drago, è fondamentale rafforzare l’«alleanza educativa» tra famiglia e scuola ma anche tra tutte le altre agenzie educative, dalla parrocchia al centro sportivo.
Nel suo intervento conclusivo, il senatore Simone Pillon (Lega), vicepresidente della Commissione Parlamentare per l’Infanzia e l’Adolescenza, si è soffermato su rischio delle “carriere alias” in Italia e sugli attuali scenari nel resto del mondo. «È notizia di ieri – ha ricordato Pillon – che il Parlamento della Nuova Zelanda ha approvato all’unanimità una riforma dell’anagrafe, per cui basterà una semplice e-mail per certificare il proprio cambio di sesso e di nome anche solo in base a come uno si sente…». Per contro, in Svezia, il prestigioso Karolinska Hospital ha messo fine alla somministrazione di bloccanti ormonali per ragazzi di età inferiore ai 16 anni. Compito della politica, ha quindi concluso il senatore, è quello di «riportare le cose alla realtà e al buon senso», anche perché «i nostri figli meritano le migliori cure e di non essere trattati da cavie da laboratorio per esperimenti scientifici».