“Non praticatemi l’eutanasia”: questo vuol dire il tatuaggio ritratto nella foto.
E immaginate la faccia del tatuatore, quando nel suo negozio è entrata una “tranquilla”signora di 81 anni, una vecchietta “tradizionale”, per farselo fare: nella sua lunga carriera non gli era mai capitata una cliente simile!
Ma la signora Christine Nagel, una nonna canadese, è stata molto chiara: vista la legalizzazione dell’eutanasia, e visto che lei ha intenzione di vivere “fino a che Dio vuole”, si è fatta fare quel tatuaggio per evitare di finire ammazzata da qualche medico “pietoso” che intenda praticarle l’eutanasia, un domani lei fosse incosciente.
La signora è crede che la risposta giusta e pietosa alla sofferenza sia la com-passione (nel senso etimologico di condivisione), il sostegno sociale, emotivo e spirituale, nonché le cure adatte a lenire il dolore. Ma dato che tutto questo costa, in termini di tempo e di denaro, la signora Nagel è convinta che la “soluzione finale”, cioè l’eutanasia, sia propagandata molto più conveniente dal punto di vista economico.
In Oregon, del resto, è già accaduto che le assicurazioni sanitaria si siano mostrate propense a fornire l’eutanasia piuttosto che le cure. E’ ovvio: il business è il business.
Intanto, il Times of Malta ha pubblicato un’intervista a Vincent De Gaetano, Giudice emerito della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, a proposito del “diritto di morire” attraverso l’eutanasia.
Ha detto il giudice che l’eutanasia, per quanto si cerca di mistificare le parole (suicidio assistito, sedazione terminale), per quanto si confonda artatamente con i concetti di cure palliative e di accanimento terapeutico, non è un diritto.
Non vi è alcun diritto di suicidio o di suicidio assistito o di morire, in base alla convenzione internazionale su cui si fonda la giurisprudenza della CEDU. E nessun obbligo positivo di fornire la morte.
A dicembre, nel caso Lambert, in Francia i giudici hanno confermato l’affidamento della tutela legale dell’handicappato alla moglie, la quale chiede da tempo che vanga tolto nutrimento e idratazione al marito reso disabile da un incidente motociclistico, mentre i genitori si oppongono e chiedono cure e riabilitazione (situazione davvero simile a quella di Terri Schiavo). Prendendo spunto da tale decisione dei giudici francesi, De Gaetano ha aggiunto che per di più nel caso Lambert siamo in assenza di una chiara indicazione della volontà del paziente, per cui la cura ordinaria per mezzo di cibo e idratazione non può essere assolutamente sospesa.
La legalizzazione dell’eutanasia (o suicidio assistito) non serve a garantire diritti individuali ma dà ai medici, o ad altri “forti”, il diritto di decidere della vita o della morte di disabili, anziani e malati, “deboli”.
Redazione
Fonte: LifeSiteNews