Al Lido di Venezia si fa strada un piccolo film israelo-tedesco, si tratta di ‘Mita Tova’ (‘The Farewell Party’) di Sharon Maymon e Tal Granit, sul tema dell’ eutanasia .
Ambientata a Gerusalemme, i protagonisti sono un gruppo di amici intenti a costruire un macchinario per aiutare un amico a compiere il passo estremo. La voce si sparge e molte altre persone vorrebbero usufruire dei servigi prestati dalla macchina concepita in modo che sia il malato stesso, tramite pulsante, a darsi la morte.
Una tragedia, nascosta dallo stile ironico della pellicola.
Il lungometraggio racconta le reazioni dei vari pazienti tra cui la moglie dell’inventore della macchina della morte, che mostra primi segni della demenza: l’unica voce contraria a questa pratica omicida è quella di una demente.
Il ‘boia’ è anche ipocritamente non direttamente coinvolto dall’azione vera e propria dell’uccidere, perché il pulsante lo preme il malato, trasformato così da vittima a carnefice di se stesso.
Stesso principio che vale per certe macchine americane per i condannati a morte che, per evitare al boia-medico-infermiere-Stato di sentirsi omicida, automaticamente fanno partire in maniera casuale l’iniezione letale...
Anche in questo caso assistiamo alla banalizzazione di temi etici di enorme rilevanza, come già avvenuto per l’altro film in programmazione nelle sale americane riguardo l’aborto.
Redazione
Fonte: Quotidiano Nazionale