L’anno scorso, quando il Canada ha legalizzato l’eutanasia, sotto l’ipocrita forma di suicidio assistito, molti medici si erano dichiarati disposti a “cooperare” col paziente per “compassione”, e per garantirgli “morte con dignità”.
Ma oggi, ohibò, decine e decine di quegli stessi medici vogliono che i loro nomi siano rimossi dalla lista di coloro che supportano l’eutanasia o il suicidio assistito.
In Ontario, una delle poche province che tiene traccia di questo tipo di dati, sono stati più di 50 i medici che hanno richiesto la suddetta cancellazione.
Questo tipo di reazione non è sorprendente, dato il giuramento di Ippocrate. Probabilmente per ragioni filosofiche o ideologiche i medici avevano accettato l’idea di poter “aiutare a morire”. Ma poi quando si sono trovati di fronte alla realtà dell’eutanasia, la coscienza e la legge naturale che è scritta nel cuore di tutti, li ha indotti al ripensamento.
Molti, poi, inizialmente erano stati indotti in errore dalle ambiguità verbali della legge: la neolingua imperversa anche in Canada. Avevano letto che l’eutanasia era consentita solo per chi era in condizione “grave e irrimediabile” e doveva affrontare “una duratura sofferenza”, e solo se la loro morte era “ragionevolmente prevedibile” a breve termine: sono termini non scientifici a cui si possono dare le interpretazioni più diverse, in diversi casi clinici.
L’analisi dei risultati effettivi della legalizzazione dell’eutanasia in Canada è ancor più preoccupante. In Quebec, ci sono stati 262 morti per eutanasia nei primi nove mesi dalla legalizzazione, quasi il triplo del numero previsto. E di questi, 21 casi, quasi il 10%, sono risultati essere avvenuti al di fuori delle regole stabilite dalla legge.
Intanto già c’è chi chiede di allargare la fattispecie e consentire l’eutanasia agli incapaci non consenzienti, ai minori, ai depressi...
Redazione
Fonte: Break Point
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