21/05/2014

Eutanasia: firmeresti la tua condanna a morte?

Azzeccatissimo quesito: firmeresti la tua condanna a morte?

Quando si parla di eutanasia, infatti, è questo quello di cui si discute. Decidi anticipatamente -quando stai bene, magari non hai problemi di sorta- di “farti morire” quando avrai in futuro dei problemi di salute. Senza sapere precisamente cosa ti accadrà, come lo affronterai, con chi e quali saranno le vie d’uscita alternative.

Tu sottoscrivi un impegno a carico di terzi di ucciderti.

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A Trieste il Comune dà il via libera al Registro delle Dichiarazioni anticipate di trattamento, le cosiddette Dat. Prima di morire, cioè, quando uno è lontano dalla morte, può lasciare scritto se, in caso d’incapacità futura a esprimersi, vorrà essere lasciato vivere eppure preferirà soppresso anticipatamente, così da non sporcare per terra, non disturbare i vicini, lasciare gli altri alle loro cosucce.

Assurdo. La logica si rifiuta di prendere sul serio iniziative come queste, che invece nel nostro mondo capovolto vanno di gran moda. Non sappiamo nulla – nulla – della vita; né sappiamo nulla della morte. Facciamo fatica a osservare la coerenza e ci sforziamo di essere giusti ma tra mille difficoltà. Nonostante agende e calendari, ci è difficile programmare il nostro futuro anche immediato. E come diamine si può allora pretendere di stabilire, con largo anticipo, cosa si vorrà fare dopo, in situazioni imprevedibili, sconosciute, distantissime? Quando una persona sta bene, e le cose gli vanno altrettanto bene, vede tutto roseo, ed è facile che s’impegni in cose più grandi di lui. Quando invece una persona soffre, e le cose gli vanno male, pensa diversamente. Quanti mangiapreti incalliti hanno lasciato il mondo appesi alle sottane delle canoniche… Che ne sappiamo noi di come la penseremo giorno in cui staremo malissimo, e per di più non saremo in grado di farci ascoltare? Davvero siamo disposti a firmare in bianco la nostra condanna a morte, siglandola quando splende il sole, quando ci sentiamo leoni, quando pensiamo che, venisse mai l’ora x, noi saremo certamente in grado di sopportare ogni e qualsiasi cosa? La fragilità, l’insicurezza e i limiti miei e delle persone che mi stanno accanto è cosa così tanto evidente che, nel dubbio, parrebbe davvero saggio lasciar perdere.

Un’autocondanna a morte preventiva e volontaria: le DAT non sono altro che queste. Ce le indorano come un toccasana buonisticamente ed ecologicamente corretto, ma sono solo questo. Tipico una società assurda in cui vige una cultura morta che non vede l’ora che tutti noi si tolga il disturbo. Daremo fastidio quando, paralizzati in un letto, sbaveremo e smanieremo? E sia. C’è qualcuno che ha il coraggio di rifiutarci questa grande, prima e ultima libertà assoluta?

Marco Respinti

Fonte: L’Intraprendente

 

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