05/12/2015

Eutanasia passiva – Meglio morta, che vecchia e povera

La giurisprudenza inglese (che “fa” le regole, in quel sistema giuridico basato sulla “common law”) ha riconosciuto ad una donna una sorta di diritto all’eutanasia passiva.

Cioè, la signora in questione che già tempo fa ha rifiutato di sottoporsi a chemioterapia per un tumore al seno, oggi è autorizzata a rifiutare la dialisi, perché non vuole ingrassare e non vuole invecchiare, soprattutto ora che la sua situazione economica è divenuta critica.

A pag. 17 de Il Giornale del 3 dicembre scorso è riportata – senza commento – la notizia.

La signora “C.”, a 50 anni, ha vissuto una vita “sopra le righe”, nel lusso più sfrenato. Ha avuto quattro mariti e molti amanti (e tre figlie, costernate dalla sua decisione).

Per lei la vita è solo questo: lusso e divertimento. E’ quindi ovvio che finiti l’uno e l’altro per lei sia finita la vita.

Speriamo che la signora C. sia l’eccezione che conferma la regola, ma la sua considerazione della vita ci ha richiamato alla mente i “morti viventi”, gli “zombie”, che invadono questo mondo e che potrebbero essere gli unici abitanti delle società opulente e viziate dell’Occidente, tra qualche generazione. Il contagio di propaga ...

I film dell’orrore sul tema “morti viventi”, “Walking dead”, non sono poi così fantascientifici.

Gli zombie sono dei morti che uccidono e mangiano i vivi (o li contagiano) solo per piacere, non per necessità.

vita_eutanasia_senso

Le persone che vivono soprattutto per trarre piacere dalle cose e dalle persone, vivono di apparenza, senza sentimenti profondi (solo passioni istintive): non basta neanche l’affetto dei figli a dare senso alla loro vita.

La  differenza con gli zombie dei film è puramente estetica...

Anzi no. Ce n’è un’altra. Molto importante. Gli zombie dei film si aggirano per città distrutte e negozi abbandonati. Quelli che popolano le nostre città sono ottimi consumatori che alimentano il commercio e l’economia assicurando a qualcuno di loro dei lauti profitti.

Francesca Romana Poleggi

[P.S.: C’è sempre una speranza, però...]

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