Riceviamo e pubblichiamo da un attento Lettore un prezioso contributo al dibattito sull’eutanasia
Gentile Direttore,
mentre qui, da noi, si discuteva sul tema delle disposizioni relative al trattamento di fine vita, giungeva dall’Olanda il III Rapporto sull’applicazione della Legge dell’Eutanasia. E con essa l’amara critica di Boudewijn Chabot, psicogeriatra insospettabile di derive anti-eutanasiche, che in un articolo del giugno scorso finiva con l’affermare – contro l’ottimismo ufficiale – che in Olanda l’eutanasia era finita fuori strada e quanto problematico fosse farle ritrovare l’indirizzo originale.
Sarebbe piaciuto che Marco Cappato avesse commentato la lunga lettera, che si può leggere qui, in originale, e qui tradotta da noi, “Il genio dell’eutanasia è fuori dalla bottiglia“, inviata a NRC Handelsblad il 16 giugno u.s. da Boudewijn Chabot.
Giusto per conoscere le obiezioni alle considerazioni che spiegano il fallimento dell’eutanasia e del cosiddetto “fiduciario” in Olanda.
Piacerebbe anche che il dibattito parlamentare fosse giunto alle conclusioni consapevole dell’esperienza di Boudewijn Chabot e non solo.
Leggendo la lettera si potranno avvertire le condizioni paradossali in cui i medici si sono trovati applicando l’autodeterminazione ai malati cronici ed ai dementi.
Nei primi perché il desiderio di fine vita è spesso un sintomo curabile della malattia e l’eutanasia ha finito per assumere il sapore di una terapia alternativa.
Nei secondi perché non è facile stabilire se la richiesta di eutanasia sia volontaria o meno, se il paziente sia consapevole e se ci sia una reale sofferenza e di che entità.
Si potrà poi leggere dell’incremento di frequenza dell’eutanasia, del mutato atteggiamento dei medici e della cultura di gruppo che finisce per considerare l’eutanasia un esercizio virtuoso, “terapeutico”.
Si potrà comprendere cosa succede ai medici per i quali un’iniezione mortale diventa una routine mensile.
Per non parlare degli interessi economici che si sono sviluppati attorno al tema.
Tornando in Italia non resta che osservare l’analogia con il quadro descritto da Boudewijn Chabot in quanto la norma propone il ruolo intangibile dell’auto-determinazione ed ignora le differenze cliniche, a mala pena temperata dalla interpretazione del medico.
Manca la parola eutanasia. Ma cosa potrà mai fare il medico di fronte ad un paziente cui non è dovuta alcuna terapia, sofferente per la disidratazione e per la mancata nutrizione se non accelerarne la fine replicando la situazione che Chabot, in Olanda, depreca senza speranza?
Lettera firmata
Nel ringraziare il lettore per il suo prezioso contributo, ci siamo presi carico di tradurre il testo integrale della lettera di Chabot, che per quanto lunga, merita paziente attenzione. Può essere letta a questo link.
Redazione
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