Questa vicenda riportata da LifeSiteNews si è svolta recentemente a Wappingers Falls (New York): Facebook ha censurato i post di alcuni cittadini che mettevano in guardia dal fatto che uno stupratore di bambini sarebbe andato ad abitare nel loro quartiere.
Stephen A. Ricciardi (nella foto) è stato condannato nel 2006 per aver aggredito sessualmente un ragazzo di 13 anni e una ragazza di 14 anni.
È classificato come un criminale di livello 3, cioè con il più alto rischio di recidiva. Era quindi allarmante il fatto che l’uomo si fosse trasferito entro tre miglia da sei scuole elementari, medie e superiori. Tant’è vero che la segnalazione è partita dall’ufficio dello sceriffo. Ma per Facebook tutto questo è irrilevante.
Ciò che ha fatto scattare la censura dei post segnaletici dei residenti è stato il fatto che Ricciardi sia stato definito un “pedo-trans”, perché è in effetti egli è un pedofilo trans (aspirante donna).
Fosse stato un pedofilo prete, si poteva e doveva dire “prete pedofilo” a sottolineare il fatto increscioso che un ministro di culto abbia certe inclinazioni. Ma dato che si tratta di un trans, categoria socialmente protetta, il particolare doveva essere omesso. Tra l’altro Ricciardi può andare in giro con sembianze di donna e quindi è ancor più pericoloso per i ragazzini.
È da tempo che Facebook e gli altri social censurano i contenuti che giudica arbitrariamente omofobi o – in questo caso – transofobici: a Facebook non disturba la propaganda omosessualista, né i contenuti “hard” che promuovono il sesso proiscuo. A Facebook dispiace solo che si parli fuori dai canoni del politicamente corretto.
Se un pedofilo è trans non si deve dire: se no si offende la categoria.
Redazione