23/11/2015

Famiglia e genealogia: l’imperfetta perfezione

Perché è così importante difendere la famiglia e affermare a gran voce il suo valore per l’intera umanità?

Le risposte a questo interrogativo potrebbero essere tante, da quelle più banali ad altre più complesse. Il filosofo francese Fabrice Hadjadj, autore del libro Ma che cos’è una famiglia? (Edizioni Ares) in una recente intervista rilasciata a Tempi ha avanzato una risposta molto interessante.

Il dominio tecnologico – ha affermato Hadjadj – ha portato con sé degli interrogativi che mai l’umanità si era dovuta porre. Ciò che per gli antichi era semplicemente necessità, per noi è diventato o sta diventando scelta. Volete invecchiare o restare giovani? Volete morire o vivere per sempre? Volete dei figli per la via sessuale, con tutti i rischi connessi per la loro salute e la casualità del loro patrimonio genetico, o volete avere figli sani e forti, selezionati in laboratorio? Volete restare nel vostro corpo di carne o volete moltiplicare i vostri alter ego virtuali?“.

In relazione al progressivo aumento del dominio tecnologico, chi al giorno d’oggi cerca di dare un senso alla vita, alla morte, alla sofferenza non viene compreso e viene giudicato crudele, in quanto – sostiene con realismo il filosofo – “la compassione sta dalla parte della tecnologia“. L’imperativo sotto cui viviamo è quello della perfezione, dell’efficienza sempre e comunque. Il sacrificio, la sofferenza, il senso del limite... sono tutti aspetti che la nostra cultura tende a negare e annullare.

Si parla tanto di famiglia, prosegue Hadjadj, ma forse lo si fa nella maniera sbagliata: bisogna infatti “[...] smettere di parlare della famiglia in termini di valori, e cominciare a parlarne come vita, cioè come luogo di drammi, fallimenti e misericordia“. Questo perché è molto concreto il rischio di cadere nel nichilismo, separando il bene dall’essere: la famiglia è un valore di per sé, non solo e non tanto in quanto è “il luogo dell’amore, dell’educazione e della libertà“.

famiglia_vitaBisogna accettare la famiglia nel suo essere, e non cercare soluzioni per la famiglia. La famiglia è vita, e non ci sono soluzioni per la vita, perché la vita non è un problema, la vita è dono e mistero: non è qualcosa che abbiamo costruito noi, quindi sfugge ai nostri progetti, ai nostri programmi. Nella famiglia che nasce dalla sessualità il padre esercita un’autorità senza competenza, perché ha generato il figlio senza certificare le proprie competenze pedagogiche, e la madre ha concepito in un’ottica di fiducia senza controllo, perché il figlio è cresciuto dentro di lei senza che decidesse lei le sue qualità. Da ciò derivano fatiche, fallimenti, divisioni dentro la famiglia. Allora perché non razionalizzare il tutto attraverso la tecnica (le biotecnologie)? Perché quello che ne verrebbe fuori non sarebbe più vita, ma una programmazione della vita. Padre e madre trasmettono la vita, non la comprensione che essi hanno della vita. Per questo il figlio non è un prodotto sul quale hanno un controllo, ma un altro che sta davanti a loro. Ed è per questo che i drammi della famiglia sono senza soluzione. Ed è ancora per questo che la famiglia è il luogo privilegiato dove l’essere umano fa esperienza della misericordia: ci può essere misericordia solo là dove c’è miseria“.

L’urgenza attuale – prosegue il filosofo – è quindi quella di tornare a favorire il dispiegarsi genealogico dell’umanità, senza cadere nell’eccesso logico che determina il dominio del tecnologico. E, in questo, la famiglia riveste un ruolo fondamentale: essa è infatti il “[...] luogo della nascita che permette di resistere alla fabbrica come luogo dell’innovazione e al paradigma tecno-economico che mette in pericolo l’ecosistema“.

Redazione

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