Una madre di famiglia, dopo tre figli, cinque nipoti e 30 anni di scuola, di bambini e di adolescenti ne ha conosciuti molti.
Non pretendo, perciò, di avere la verità rivelata, ma ragiono secondo il buon senso e l’esperienza di cui sopra. Relativa, certo, ma non irrilevante.
Di bambini e ragazzi che vivono una situazione di disagio, a volte di dolore, per quello che gli è capitato di persona o in famiglia ne ho visti tanti. Troppi. Ma la vita è dura.
Chi con problemi fisici (malanni, handicap, o magari solo con qualche caratteristica fisica sgradevole), chi con problemi di relazione (timidezza eccessiva, irrequietezza, aggressività), chi con problemi familiari (genitori morti, malati, separati...). Ci sono spesso, tra questi, anche i ragazzi adottati.
In ogni caso, ogni volta che il ragazzino “accusava” il problema, capitava che qualcuno cercasse di “negare” il problema dicendo “non è vero, non importa”: non sei basso/grasso, oppure tua madre ti vuole bene (anche se se n’è andata di casa con l’amante) , tua nonno è meglio di tuo padre (che è morto), i genitori adottivi sono meglio di quelli naturali (che t’hanno abbandonato)”.
Sempre, queste strategie consolatorie si sono rivelate fallimentari. A volte tragicamente fallimentari.
Quello che invece ha funzionato – non ha “risolto”, si badi bene, ma ha aiutato il ragazzino a riacquistare un po’ di serenità – è la strategia basata sulla verità: tu soffri perché sei un po’ cicciottella, tu perché è morta la mamma, tu perché il papà se ne è andato; soffri perché non conosci i tuoi genitori naturali: è normale che tu soffra e io me ne addoloro assai, e ti chiedo di poterne soffrire con te.
Così, poi si può aiutare il ragazzino a “elaborare” il lutto. E il dolore per la situazione negativa a poco a poco si lenisce e si trovano delle vie d’uscita e si scopre che “sì, il nonno è tanto caro: non sarà mai come il papà, ma mi vuole davvero un gran bene”... “Ma sì, mamma e papà mi hanno davvero voluto, mi hanno cercato, desiderato: quelli che mi hanno abbandonato – poveracci – non sanno cosa si sono persi!” (parole testuali di Manuela, adottata, anni 8) .
Insomma: tutto questo per dire che al bambino non si può negare l’evidenza né il “diritto” di soffrire.
Ecco quindi che davanti alle famiglie allagate (dove non si sa più chi è figlio di chi e chi è fratello di chi, né quale sia la propria casa visto che si va un po’ da mamma e un po’ da papà) la strategia “ma dai che è bello avere tanti fratelli!” NON FUNZIONA. Anzi crea dei sensi di colpa nel bambino che sente di non volere bene al compagno della madre come fosse un padre e ai suoi figli come fossero suoi fratelli. Perché è NORMALE che lui non li senta padre e fratelli. Se lo si aiuta a razionalizzare questo, sarà facile poi che venga il giorno in cui dirà: “Ok, non è mio padre, ma gli voglio bene lo stesso”.
Ci vuole tempo, e tanta pazienza da parte degli adulti coinvolti nella questione, ma BISOGNA dire la verità.
A maggior ragione se la mamma o il papà si accompagnano con persone dello stesso sesso. Si può ben sperare che il bambino accetti la situazione e che voglia bene, sinceramente, a tutti. Ma NON GLI SI PUO’ MENTIRE dicendogli che è NORMALE, quello che normale non è: perché i bambini non sono scemi: da due mamme o da due papà non nascono figli. Anzi, proprio perché sono intelligenti e sanno amare davvero, saranno anche in grado di accettare la anormalità della loro situazione. Chissà. Ma convincerli che sono fortunati ad avere “due mamme”... no: non lo accetteranno mai e si accentuerà in modo più profondo la ferita che comunque soffrono per la mancanza del papà. Come è normale, sano, che sia.
Per questo, i libri, le persone e i progetti che cercano di far passare per normale e “bello” ciò che normale e bello non è, ai bambini fanno un gran male: creano confusione e grossi sensi di colpa repressi.
Quindi, per i miei alunni, per i miei figli, per i miei nipoti, io mai adotterei un testo come questo, qui sopra, che abbiamo visto su Twitter, L’acero rosso. Neanche se me lo consigliassero uno stuolo di psicologi.
Perché l’amore è importante, sì. Ma l’amore non basta: “il sangue”, la natura, chiama. E i bambini lo sanno molto bene.
Francesca Romana Poleggi
DIFENDIAMO I BAMBINI E LA FAMIGLIA DALLA LEGGE CIRINNA’