La famiglia non è più sacra.
I matrimoni tra più di due persone saranno “normali”. I bambini avranno almeno tre genitori riconosciuti.
Sembra la sceneggiatura di un film di fantascienza, ma purtroppo è la previsione di ciò che avverrà (e in alcuni paesi sta già accadendo) entro i prossimi cinquant’ anni: la famiglia naturale, così come la conosciamo noi, fatta di un padre, una madre e dei figli, non esisterà più.
O perlomeno non costituirà sicuramente la “norma”.
Abbiamo letto questa considerazione sul giornale fiammingo De Standaard, DS Weekblad no 194, 9 May 2015, pag. 24-29.
Il declino è iniziato una quarantina di anni fa – con l’istituzione di strumenti di morte come il divorzio e l’aborto nella maggior parte di paesi occidentali – e sta proseguendo inesorabilmente.
La giornalista Ann-sofie Dekeyser riporta (con soddisfazione) dei dati molto preoccupanti.
Tra il 1970 e il 2009 nei paesi dell’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) il numero dei matrimoni si è dimezzato e il tasso di divorzi è raddoppiato. Il numero di bambini nati al di fuori di un matrimonio, triplicato, arrivando al 33%. In più della metà dei nostri nuclei familiari non ci sono bambini.
Su “Future of Families to 2030”, l’OCSE fa una previsione di quello che avverrà nei prossimi anni: un enorme aumento di famiglie monoparentali (fino a circa il 40% di tutte le famiglie entro il 2025-2030); un crescente numero di coppie senza figli, un aumento del tasso dei divorzi, di famiglie ricostituite in seconde nozze.
Non bisogna essere degli esperti per capire che tutto questo danneggerà gravemente i l’istituto della famiglia, con enormi ripercussioni – oltre che a livello sociale – sul mondo del lavoro e quindi sull’economia.
Nel suo articolo, la giornalista belga afferma che la famiglia naturale intesa come “modello normale” è ormai morta, sostenendo che ciò è dovuto probabilmente al fatto che “questo prototipo non è più adeguato all’età contemporanea”. Secondo la Dekeyers, l’amore monogamico è una “favola” e l’istituto della famiglia è sempre stato suscettibile di cambiamento sociale.
Il concetto di famiglia non sarebbe dunque univoco: per l’articolista sarebbe infatti un qualcosa di “modellabile” a proprio piacimento.
In pratica, ci sarebbero tanti modelli di famiglia quanti la mente umana possa elaborarne.
Sdoganato questo principio dunque, si può tranquillamente arrivare ad affermare che è possibile avere un figlio, senza dover ricorrere al concepimento naturale.
Infatti, quello che fino a poco tempo fa sembrava impossibile, sta divenendo sempre di più una triste realtà.
Oltre alla ben nota abominevole pratica dell’utero in affitto, a pagamento, sta prendendo sempre più piede l’agghiacciante usanza di chiedere agli amici o ai parenti (!) il “favore” di fare un figlio insieme.
Praticamente, quando una donna single o omosessuale decide che vuole avere un figlio, chiede “semplicemente” ad un amico (che sia gay o etero non importa) di donargli il suo seme. E viceversa, un omosessuale chiede all’amica di prestargli il suo utero.
Qualsiasi persona di buon senso vedrebbe la mostruosità di questa cosa. Eppure, sono in tanti a sostenere che si tratta di un atto di “pura generosità”.
Certo, se si considera il bambino come un oggetto, in effetti è proprio un bel “regalo” da fare ad una amica/o.
Questo è quello che è accaduto a Gregory Frateur, cantante della band Dez Mona, omosessuale dichiarato. Quando la sua amica single Ester Renard gli ha rivolto questa richiesta, lui ha accettato. “Volevamo entrambi un figlio. Perché dunque non farlo insieme?” – ha dichiarato candidamente il cantante.
Da questo “accordo tra amici” è nata Lola. Per Gregory e Ester è tutto molto semplice. “Abbiamo iniziato a vivere insieme in una casa … normalmente si mangia insieme e dove Lola trascorre la maggior parte del suo tempo lo decidiamo di giorno in giorno … a seconda delle nostre agende”- racconta Frateur.
Egoismo che trasuda da tutti pori.
“Quindi siamo co-genitori, ma non come dopo un divorzio, dove uno dei due sta con il cronometro in mano per contare con quanto ritardo l’altro gli riporterà il bambino – ci tiene a precisare Ester – tutto si basa sulla fiducia”.
Vengono i brividi solo al pensiero della confusione che avrà in testa quella bambina, quando in casa vedrà il compagno del padre e quello della madre, e avrà la “fortuna” di avere due mamme e due papà.
Ma il dato preoccupante è che non si tratta di un caso isolato.
Ci sono infatti sempre più persone che, come Gregory e Ester, scelgono deliberatamente di crearsi una “famiglia”, modellandola a proprio piacimento, a seconda dei desideri del momento.
Persone che sfidano la natura stessa solo ed esclusivamente per soddisfare quelli che fondamentalmente sono solo dei capricci.
Perché desiderare una cosa che non si può avere per natura e fare di tutto per ottenerla, andando contro la natura stessa e facendo del male ad un essere indifeso, è un capriccio [malvagio, NdR].
A cosa stiamo assistendo dunque?
Sono in tanti a sostenere che ci troviamo di fronte a veri e propri nuovi modelli di “famiglia”.
Secondo Catherine Van Holder, filosofa e futurologa presso lo studio di Anversa per la futura esplorazione Pantopicon, la famiglia tradizionale assumerà via via un ruolo diverso.
“Non dico che i nuovi imminenti mutamenti siano migliori rispetto al modello tradizionale – racconta al De Standaard – dico che la nostra società è in transizione. Cinquant’anni fa il divorzio era un enorme tabù, oggi non interessa a nessuno. Forse un giorno si penserà così anche riguardo al matrimonio tra tre o più persone. Sarebbe ingenuo pensare che quello che oggi è normale e accettabile, non possa essere modificato. Alcuni dicono che non stiamo vivendo in un’epoca di cambiamento, ma in un cambiamento di epoca. La maggior parte dei sistemi che hanno attraversato la rivoluzione industriale, hanno delle crepe oggi. Il modello gerarchico, caratterizzato da uniformità, centralizzazione e standardizzazione, sta cedendo il posto ad una società di rete con più spazio per un approccio individualistico, una maggiore diversità e creatività. Non sarebbe strano se ciò accadesse anche alla famiglia.”
Ottima prospettiva, non c’è che dire.
In poche parole, secondo la dr.ssa Van Holder, tutti questi cambiamenti – che in realtà altro non sono che dei veri e propri attacchi alla famiglia naturale – devono essere accettati così come vengono, come una valanga che distrugge tutto ciò che incontra sul suo percorso, senza che l’uomo possa fare niente per impedirglielo.
Attenzione: qui non si sta dicendo – come è ovvio – che ogni cambiamento rispetto al passato, porti delle conseguenze negative.
Ma ci sono delle cose che se vengono alterate, o peggio ancora distrutte, portano con sé dei danni irreparabili. Questo è quello che sta accadendo alla famiglia che, preesistendo prima ancora della società, ne costituisce il fondamento primordiale.
E, come ben si sa, se si distruggono le fondamenta di un edificio, inevitabilmente l’edificio crolla.
Come la dr.ssa Van Holder, anche Sasha Roseneil, professore di sociologia all’Università Birkbeck di Londra, vede come “naturale” il cambiamento dei modelli di partenariato e genitorialità. “Sempre più persone stanno per lunghi periodi della loro vita al di fuori della famiglia tradizionale. Negli ultimi anni abbiamo visto un numero crescente di “lat relations” (relazioni lat = Living Apart Together – vivere insieme individualmente, come Gregory ed Ester) che ha portato ad una maggiore accettazione sociale. L’aspettativa secondo la quale quando due persone iniziano una relazione intima, questo porterà a vivere insieme, al sesso e ai bambini, è diminuita, e ciò ha fatto sì che tali rapporti non siano più visti come superiori”.
“La gente continua a cercare rapporti di “fratellanza” stabile, intimità e cura, ma questa ricerca prende sempre più posto al di fuori della famiglia – continua Roseneil – […] questi hanno sperimentato che il matrimonio non è una garanzia per una vita affettiva e sessuale soddisfacente. Per evitare ulteriori delusioni, le amicizie diventano sempre più importanti per i bisogni emotivi, pratici e persino fisici (!!). I confini tra i rapporti familiari e quelli d’amicizia diventano sempre più labili. Amici che sempre di più vanno a vivere insieme; la casa condivisa – che da sempre è stata il privilegio di coppie e famiglie – istituzionalizza l’amicizia. Non è più una misura temporanea, ma una scelta volontaria e un impegno consapevole.”
Secondo l’analisi del prof. Roseneil quindi, sarebbe una cosa normale che due amici vadano a vivere insieme, provvedendo ai reciproci bisogni, di qualsiasi natura essi siano (!). E questo – a detta del professore – farebbe di loro una famiglia.
Sarebbe dunque questo il caso di Barbara Callewaert. “Ho vissuto per anni da sola con mia figlia. Facevo tutto da sola: cucinare, mangiare, lavare i piatti, stare male, mettere a dormire mia figlia... La solitudine sembrava essere il mio destino, ma io non lo volevo più. Non è che se non si dispone di un amante non c’è alternativa. Inoltre, volevo dare un “nido” a mia figlia. Non che questo sia impossibile per un genitore single, ma con una persona accanto è più facile. E più divertente”.
Era già amica da anni di Jeroen, un gay con una figlia adottiva, quando i due single sono giunti alla conclusione che non volevano vivere più da soli.
“È stato tutto organizzato. Abbiamo iniziato la ricerca di una casa in affitto, che entrambi amavano, aperto un conto bancario comune per la famiglia, e prima ancora di rendercene conto, le nostre figlie si lavavano i denti insieme.
“Entrambi abbiamo le nostre vite – sottolinea Barbara – e questo è più facile ora che siamo insieme. Se ricevo un messaggio di un amico che mi invita a prendere un drink, chiedo subito aiuto a Jeroen. In passato ho dovuto fare dieci telefonate per trovare un babysitter”.
Barbara sostiene che non potrà mai più vivere da sola. “Perché dovrei?- afferma – Questo è un miglioramento emotivo, finanziario e pratico benedetto”.
E quando qualche conoscente le ha fatto notare che quello che facevano era una cosa da “studenti” lei ha risposto offesa: “questo non è come fanno tutti gli studenti [...] trovo quello che facciamo molto maturo, noi almeno ascoltiamo i nostri bisogni e facciamo qualcosa di creativo”.
Già. L’importante è che lei e il suo amico gay ascoltino i loro bisogni, mica quelli dei bambini che vivono con loro.
Veramente “creativi”, non c’è che dire.
Ma la signora Barbara non si è mica fermata qui. Intervistata dal magazine Charlie, ha incitato a seguire il suo esempio, e dunque a “vivere insieme in modo creativo”, anziani, vedovi, membri di family-club, i bambini senza fratelli e sorelle, padri e madri divorziati.
Il finale dell’articolo raggiunge l’apoteosi dell’assurdità.
La giornalista belga l’aveva iniziato manifestando il desiderio di avere un bambino part-time. Una creatura che soddisfi il suo desiderio di maternità ma alla stesso tempo non le crei troppo disturbo.
Dopo la rassegna di tutti i casi raccontati, giunge quindi alla soluzione, al piano “geniale”: “faccio un bambino insieme ad una coppia di amici, o alcuni amici intimi. Andiamo ad abitare in una casa tutti insieme. Dichiariamo di prendere un impegno duraturo. Condividiamo la responsabilità finanziaria e i compiti della casa e del mangiare. Ognuno dorme abbastanza, c’è sempre qualcuno che vuole cucinare, e nessuno si arrabbia quando il bambino piange istericamente per più di tre ore. Risultato: più amore e coccole, e un tenore di vita più elevato per tutti i soggetti coinvolti”.
Certo. E che dire del tenore di vita del bambino malcapitato?
Ma il delirio non è finito qui.
“La famiglia si spaccherà, e si riunirà in nuove e strane costellazioni. Questo è quello che venne predetto dal pubblicista e futurologo americano Alvin Toffler nel 1970.” Infine l’auspicio finale: “possiamo finalmente usare la nostra creatività?”.
Si potrebbe pensare che siamo di fronte a casi-limite e che mai e poi mai arriveremo a situazioni come quelle raccontate nell’articolo.
Ma purtroppo la realtà che viviamo ci dice ben altro: in nome del principio “love-is-love”, tutto sta diventando normale: sposarsi con una persona dello stesso sesso, affittare un utero o comprare il seme per avere un figlio, sposarsi in tre, sposare il proprio cane, far scegliere ai propri figli a quale genere appartenere (vedi il caso della famiglia Jolie-Pitt).
Tutte cose che purtroppo non fanno parte della sceneggiatura di un film di fantascienza ma che avvengono nella quotidianità.
Tuttavia, al contrario di quanto sostengono la filosofa ed il sociologo nell’articolo del De Standaard, l’atteggiamento giusto di fronte a questa prospettiva non è la passività (nel senso di accettare tutto quello che avviene come cosa normale).
Per esempio dobbiamo opporci con tutte le nostre forze alla propaganda omosessualista e al matrimonio gay, che sono un step essenziale alla realizzazione di questo processo decostruttivo.
Se non vogliamo assistere alla totale distruzione della società, e quindi dell’umanità stessa, noi non solo possiamo, ma dobbiamo opporci alla valanga di relativismo che si sta abbattendo su tutti i principi più sacri che l’uomo ha sempre avuto: la vita dall’inizio alla fine, la famiglia naturale, l’innocenza dei bambini.
Laura Bencetti