Perché l’Italia è fanalino di coda in Europa anche nella parità scolastica? Perché all’estero la ripresa post-Covid è stata meno traumatica rispetto al nostro Paese, dove invece le mascherine rimarranno ancora a lungo? Pro Vita & Famiglia ne ha parlato con suor Anna Monia Alfieri, referente scuola per l’Unione Superiori Maggiori d’Italia, che ha indicato un’opportunità di cambiamento nel Family Act, con cui, dal 12 maggio, il governo avrà la delega per una serie di riforme che, se andassero in porto, potrebbero finalmente appianare una serie di disuguaglianze del nostro sistema scolastico, antecedenti alla pandemia.
Suor Anna Monia, quali i problemi in questi due anni di pandemia nel nostro sistema scolastico?
«Non è altro che il logico risultato di un’Italia che ha seriamente fatto fatica a capire il Covid. Già nell’aprile 2020, nel resto d’Europa, la scuola ripartiva, mentre noi non avevamo capito che con il Covid bisognava conviverci e che non sarebbe sparito dall’oggi al domani. In secondo luogo, la pandemia ha portato alla luce i mali pluridecennali della scuola italiana.
Quali mali?
«Sovrautilizzo delle scuole statali con classi numerose e sottoutilizzo delle scuole paritarie, scarsità di docenti e mezzi di trasporto. All’epoca, il governo sottostimò il problema, pensando di risolvere con i banchi a rotelle. E intanto emergevano tutte le disparità del nostro sistema scolastico iniquo, classista e regionalista, pieno di disagi concentrati principalmente nelle regioni del Sud, le più afflitte dalla dispersione scolastica (1 milione e 300mila studenti hanno abbandonato), dove la didattica a distanza ha funzionato peggio. Per iniziare a parlare di protocolli più sensati, di tavoli di concertazione tra scuola, Stato, Regioni e uffici scolastici, di patti di comunità tra statali e paritarie, abbiamo dovuto attendere il marzo del 2021). La mascherina, per esempio, rimane necessaria soprattutto per le scuole affollate di periferia e del Sud ed è quindi il risultato di un sistema scolastico che in un anno non poteva certo fare quel che non ha fatto in vent’anni. Un altro esempio: In Italia, nel 2020, avevamo classi di 30 alunni, senza areazione, con finestre basse e mezzi di trasporto scolastico strapieni».
Che soluzione proponete?
«La soluzione è continuare a lavorare speditamente insieme. Questo mese, il governo ha la delega per il Family Act, il quale, agli artt. 1-2, stabilisce una serie di disegni di legge affinché le famiglie possano ottenere l’aiuto finanziario per pagare le rette (asili nido gratis) per il comparto 0-6 anni e per l’istruzione dei propri figli. Solo così le famiglie saranno messe nella condizione di scegliere e, grazie a una sana competizione tra statali e paritarie, potremo avere un rialzo della qualità scolastica, con un grande risparmio di risorse pubbliche. Se si perde quest’occasione, a settembre non ci sarà soltanto il rischio delle mascherine ma anche quello di un accresciuto divario Nord-Sud, condannando il Paese a un sistema classista».
Cosa, invece, ha funzionato nel resto d’Europa?
«Francia, Svezia, Finlandia, Germania sono ripartite già ad aprile 2020. In Francia, per esempio funziona che una volta pagate le tasse, le famiglie hanno la possibilità di scegliere tra statale e paritaria, senza dover spendere un euro di più. Questo sistema ha permesso un’educazione di altissima qualità, con un’equa distribuzione degli alunni tra statale e paritaria, senza sovraffollamenti nelle aule, né problemi di trasporto. C’è poi un censimento dei docenti, a differenza dell’Italia, dove abbiamo 150mila cattedre precarie e docenti che ogni anno si trasferiscono al Nord, per poi tornare al Sud. Bisogna dare alle famiglie la possibilità di detrarre le rette, in modo da poter liberamente scegliere tra statale e paritaria. Solo così si potrà migliorare la qualità delle nostre scuole e i nostri ragazzi riusciranno un giorno a ripagare il PNRR».