Si è concluso positivamente il caso dell’influencer colombiana Erika “Kika” Nieto, classe 1993, finita sotto il mirino della Lobby Lgbtq+ per aver detto in un video del 2018 che il matrimonio è solo tra un uomo e una donna. La speranza è che questo sia solo la prima di una lunga serie di vittorie in tutto il mondo contro la volontà censoria del mondo arcobaleno.
Nel filmato, intitolato «Il mio video più sincero», Nieto ha risposto alle domande dei suoi follower, affermando: «Credo che Dio ci ha creati tutti, e ha creato l’uomo e ha creato la donna in modo che l’uomo sia con la donna e la donna sia con l’uomo e questo è tutto. Quello che abbiamo fatto dopo, da uomo a uomo e da donna a donna, penso non sia giusto. Attenzione però a questo, lo tollero»
Come riportato dal Timone “per l’attivismo arcobaleno queste poche frasi sono state sufficienti per scagliarsi contro l’influencer. E i quasi 8 milioni di follower su YouTube, uniti ai 4,3 milioni su Instagram e a quelli sugli altri social non sono valsi alcuno sconto a “Kika”, che si è vista catapultata in un calvario giudiziario, che comprendeva anche un mandato d’arresto poi ritirato, che si protratto per oltre due anni. Il procedimento legale è stato voluto da José Francisco Montufar Rodríguez, avvocato e attivista LGBTIQ +”.
Fin dall’inizio Montufar Rodríguez ha richiesto alla giustizia colombiana di censurare il video e un tribunale ha quindi ordinato alla giovane donna di rimuovere il video negandole il diritto alla libertà di espressione. Martedì 23 novembre, la Corte Costituzionale della Colombia ha però revocato la sentenza di censura nei confronti dell’influencer “Kika” Nieto.
«Nessuno dovrebbe essere censurato o temere sanzioni penali per aver espresso le proprie convinzioni. Insieme a Kika, siamo lieti che la Corte abbia annullato questa decisione di censura. Kika è rimasta ferma nelle sue posizioni durante questo calvario per difendere la libertà di tutti di condividere le proprie convinzioni», ha affermato Santiago Guevara, avvocato di Nueva Democracia, una ONG che, con il sostegno dell’organizzazione di difesa legale cristiana ADF International, rappresentava Nieto.
Fonte: Il Timone