La proposta di legge per l’ “Istituzione del reddito di maternità” del senatore e capogruppo di Forza Italia Maurizio Gasparri è stata presentata ieri mattina, a Palazzo Madama, presso la Sala Caduti di Nassirya, come un provvedimento di welfare familiare. Si tratta comunque, in primo luogo, di una misura che salva una vita ed è sicuramente un primo passo, seppur non risolutivo, per combattere l’inverno demografico che attanaglia il nostro Paese. A margine della conferenza stampa tenutasi in Senato, Gasparri ha spiegato ai microfoni di Pro Vita & Famiglia lo spirito della sua iniziativa.
Senatore Gasparri, si parla tanto ovviamente di tutela della della donna: la sua proposta in quale direzione va?
«Ho intenzione di attuare – ed è un paradosso che lo debba dire io – la Legge 194, quella sull’interruzione di gravidanza, che viene sempre citata ma non letta. All’articolo 5 quella stessa legge afferma che la donna che si reca nel consultorio, nella struttura dove poi viene avviata la procedura per l’interruzione di gravidanza, ove manifestasse che è il bisogno economico la causa della sua decisione, debba essere aiutata nell’eventualità che prosegua la gravidanza e si verifichi il parto. Lo afferma la legge 194. Questi aiuti, però, non sono stati mai definiti, quindi un discorso, una paternale, può essere perfino motivo di fastidio per una donna che si trova in una condizione sicuramente particolare, se arriva a quella decisione. Io sostengo che se una donna manifestasse l’intenzione di interrompere la gravidanza per puramente motivi economici, debba avere la facoltà di ricevere 1000 euro al mese per cinque anni: è quello che io ho chiamato “reddito di maternità”. Se questa facoltà che vorrei introdurre viene prospettata ed accettata, la donna può decidere, per sua libera scelta, di non interrompere più la gravidanza e di avvalersi di questo aiuto. Se non lo ritiene apprezzabile o sufficiente proseguirà nella sua decisione. Quindi, non modifico in alcun modo la legge 194 ma la attuo nel suo articolo 5 sugli aiuti, che non è stato mai attuato nel concreto. È qualcosa che potrebbe avere riflessi anche sulla crescita demografica e su altri risvolti: non credo avrà effetti risolutori, comunque è, per l’appunto, un indice di un’attenzione verso la vita».
Semmai dovesse essere approvata, sicuramente sarebbe un importante passo per affrontare l’inverno demografico. In ogni caso, secondo lei quali altre misure si potrebbero attuare in questa direzione?
«Sono favorevole a qualunque misura, dai redditi familiari agli aiuti alle famiglie e all’istruzione. Qualcuno l’altro giorno mi ha chiamato, dicendo che bisognerebbe dare 25mila euro per ogni bambino che nasce: costerebbe 12 miliardi e non ci sono le disponibilità. Ho visto una proposta di incentivi per le baby-sitter, ma io vorrei prima guardare agli asili nido comunali. Tutto ciò che può aiutare dovrebbe essere stabilito a livello europeo, casomai anche svincolato dai parametri del deficit e quant’altro, perché aiuta la vita. Io ho fatto una proposta, comunque sono aperto a tutte le altre».
Non si parla mai, però, di bambino. O meglio, tra le varie polemiche che ci sono state, i confronti e il dibattito, chi riporta i dettagli di questo disegno di legge non parla mai delle vite che verrebbero salvate con questa misura. Secondo lei perché?
«La vita è forse un fatto secondario? C’è una visione ideologica, c’è un po’ di ignoranza, un po’ di pregiudizio e anche un po’ di avversione e di ottusità. Tuttavia, ho già detto che quelli che hanno questo atteggiamento hanno la mia umana comprensione perché sono persone che hanno “un problema”. Allora noi, che siamo anche dei buoni cristiani, dobbiamo capire chi sta in quella condizione e sperare che ne esca».