Le derive legate all’affermazione del gender continuano a diffondersi a macchia d’olio, in Italia e nel mondo.
A fare le spese di tale ideologia, che intende concepire la sessualità come un dato determinato esclusivamente dal dato socio-culturale a scapito della componente biologica, questa volta è il piccolo Aubrey, un bambino di soli quattro anni. La sua storia è stata recentemente raccontata dal Daily Mail e, successivamente, anche dal talkshow “Dr. Phil”. In Italia è stata ripresa da Rodolfo De Mattei per Osservatorio Gender.
Aubrey è infatti un bambino intersessuale, ossia è nato con genitali ambigui. A dispetto tuttavia di questa ambiguità, i suoi cromosomi sono per il 70% cromosomi maschili, tanto che è possibile affermare che fin dal momento del concepimento Aubrey era uno zigote maschile XY.
I genitori del bambino, però, al momento della nascita decisero di sottoporlo a un intervento chirurgico per farlo diventare una bambina, lo registrarono all’anagrafe con sesso femminile e cominciarono a crescerlo come una bambina.
Apparentemente tutto procede bene fino ai tre anni di età del bambino, epoca in cui Aubrey comincia ad affermare di sentirsi maschio, assecondando quindi la sua vera natura.
Casi simili sono tristemente noti, a partire dall’esperienza di vita di Bruce-Brenda-David Reimer e del dottor John Money. E’ la storia che (tristemente) si ripete.
Nello specifico di Aubrey la questione è tuttavia ancora più complessa, in quanto – proprio in concomitanza con le prime ‘ribellioni’ del figlio – i genitori decidono di separarsi. Anche qui, (tristemente) non vi è nulla di strano, se non fosse che la coppia non riesce a trovare un accordo circa il sesso del figlio. Da un lato la madre vorrebbe assecondare la natura del figlio, e quindi cominciare a crescerlo come un bambino; dall’altra il padre non intende rassegnarsi a perdere la sua ‘figlia femmina’ e si appella al fatto che sul certificato di nascita il sesso indicato è XX, e non XY.
Lo stato attuale della situazione è che Aubrey è costretto ad assumere una doppia personalità: durante la settimana, quando è con la madre Michelle, viene considerato un maschio, mentre durante il fine settimana il padre lo tratta come una bambina.
Questa situazione, nella prospettiva gender, potrebbe essere considerata normale: un’autodeterminazione assoluta, svincolata dal dato biologico e di realtà. Tanto che mamma e papà credono di poter decidere a piacimento il sesso del proprio bambino, nel tentativo di soddisfare i propri egoistici desideri.
E tutta questa storia è ancora più grave in quanto coinvolge un bambino, che avrebbe solamente bisogno di essere trattato come tale, e non di essere sottoposto a un fuoco incrociato ed essere costretto a rispondere a domande sulla propria identità sessuale.
Buonsenso, dove sei? Adulti, dove siete?
Redazione