L’uomo d’oggi, gender style, s’industria per salvare ogni specie animale e vegetale; esaltati e volenterosi custodi dell’ecosistema si indignano per l’incuria umana, per il surriscaldamento climatico, per la sconsideratezza delle trivellazioni marine che sfregiano le nostre coste...
Ma la natura umana chi la tutela? È in atto una sperimentazione che ha la pretesa di modellare l’umano secondo i canoni dell’utile, della semplificazione, del superamento di ogni “limite naturale”.
Fissiamo per esempio la nostra attenzione su un aspetto centrale: la trasformazione del concetto di donna (della crisi del maschile abbiamo già scritto qui), sempre che i fautori del gender accettino ancora la catalogazione binaria dell’umanità.
Oggi come non mai, epoca della presunta emancipazione, sul corpo della donna si sperimenta. Spesso, questo accade sfruttando il naturale e legittimo sogno femminile d’esser madre. Ma ciò accade violando il “luogo naturale del concepimento e della gestazione”. Quando viene riconosciuta la possibilità – chiamata diritto – di piantare nel ventre di una donna di un “altro mondo” una nuova vita, quando si fa di una povera donna che per vivere presta il proprio grembo in cambio di denaro, un nudo ricettacolo, allora, ad essere ferito è il senso stesso dell’essere donna.
La tirannia dei desideri si nutre della disperazione delle madri surrogate, tutto si trasforma in mercato. La madre non conosce la gestazione, la gestante è privata del rapporto che per nove mesi ha contratto.
Il figlio di chi è? Di chi lo ama, dicono; ed io rispondo che neanche sappiamo cosa sia l’amore. Non lo sappiamo se per egoismo programmiamo bambini senza il padre e senza la madre. Lasciate stare l’amore è cosa troppo impegnativa per esser confusa con il desiderio o con le lacrime. Figli programmati da clausole legali che stabiliscono il buon esito del contratto, e poi, norme capestro che danno il potere di rifiutare un essere umano ridotto a merce.
L’amore separato dalla sessualità, il corpo trasformato in strumento di piacere, la genitalità e l’erotismo assurti a pura funzione fisiologica deputata al piacere. Non chiamatelo diritto, non chiamatelo amore; chiamatelo potere, chiamatela forza.
Il ruolo della madre svilito, la femminilità mascolinizzata, la mitizzazione del successo, della carriera, del ruolo di prestigio con la correlata umiliazione della logica del dono. E arriverà l’utero artificiale, la gravidanza fuori dal corpo e tutto contribuirà a rimodellare la natura della donna, negandone la secolare essenza. Con quali danni per l’umanità, non è dato sapersi, ma possiamo immaginarlo.
Marco Luscia