Su La Nuova Bussola Quotidiana la dottoressa Chiara Atzori, grande esperta del gender, ha pubblicato un articolo dal titolo: “Perché il gender uccide il corpo e annienta la realtà“.
La dottoressa prende spunto dal caso di Krzysztof Charamsa, sacerdote che qualche settimana fa ha dichiarato pubblicamente la propria omosessualità, per affermare che l’omosessualismo è uno dei pilastri della teoria gender.
Eppure della teoria gender si sa poco – o, meglio, si nega molto, come ha spiegato sulle nostre colonne Renzo Puccetti – e dell’omosessualità non si parla, quasi fosse un argomento ‘proibito’.
Ogni essere umano è una “unitarietà bio-psicoculturale, sostanza individuale sessuata di natura razionale e relazionale, cioè creatura in grado di collegare cervello-cuore e area genitale sotto-ombelicale in una armonica comprensione di chi è“. Cercare di sezionare la persona è un’operazione che va contro l’uomo e contro il principio di realtà. Ecco perché – scrive l’Atzori – “dobbiamo continuare a percorrere il drammatico crinale che collega le pretese intellettuali di certa filosofia astratta e la deriva materialista e biologista di stampo gender che riduce il corpo a materiale disponibile e modificabile secondo le proprie preferenze, o lo subordina a presunta supremazia della ‘relazione’ a prescindere dalla corporeità della persona stessa, come fa certa teologia“.
Tutti nasciamo maschi o femmine. Nessuno invece ‘nasce gay’: “la tendenza omosessuale, infatti, se non è una malattia in senso biologico o organico, non è neppure un ‘destino’ o un innatismo“. Invece, spiega ancora la dottoressa: “Le preferenze (orientamenti) affettivi ed erotici non sono ontologici, sono situazioni, esiti, stati adattativi, cioè rappresentano per ciascuno l’inedito risultato di complesse interazioni tra la parte biologica (genetica, epigenetica, forma del corpo, interazione del corpo con l’ambiente), psicologica (internalizzazione e integrazione di esperienze sensoriali connotate da piacere o dolore, che necessariamente mediano ogni esperienza sensoriale e con quella coloritura “affettiva” vengono archiviate e ripescate dalla memoria), e culturale (effetti educativi, etnico-linguistici, simbolici, storicamente contrassegnati dai codici geografici e temporali in cui ciascuno vive)“.
Occorre quindi guardare alle persone nella loro totalità, senza soffermarsi esclusivamente sugli orientamenti sessuali che manifestano. In tale ottica, il corpo di cui ognuno è fatto è parte integrante – e importante! – della misteriosa complessità dell’essere umano: si è innanzitutto “creature sessuate, cioè dotate di una differenza sostanziale, ontologica, che vede maschi e femmine“. Non siamo essere neutri: il nostro corpo “è impregnato differentemente in senso ormonale nei due sessi, è soggetto a una modulazione chimica differenziata su ogni cellula sia essa della periferia corporea piuttosto che costitutiva dell’organo più caratterizzante il profilo umano per eccellenza, il suo cervello“.
Ecco quindi che l’Atzori conclude sintetizzando cosa significhi realizzarsi in pienezza come persone – il che, in ottica cristiana, significa aderire alla propria vocazione: [...] decidere se collaborare a far fiorire ciò che si è ricevuto in dono come ‘essere’: uomini se maschi, donne se femmine“.
Redazione
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