La sentenza del Tribunale dei minorenni di Roma non si è limitata a scatenare reazioni in ordine alla discussione sulle adozioni gay ma ha contribuito a far emergere la situazione in cui versiamo attualmente, fatta di tanti tasselli che sino ad ora non erano assurti agli onori delle cronache.
Dopo il caso della Capitale, alcuni giornalisti hanno deciso di approfondire la tematica cercando nei pronunciamenti giudiziari dei propri rispettivi Fori le indicazioni dei magistrati locali.
È questo il caso del Secolo XIX il quale documenta come il tribunale di Genova negli ultimi tre anni ha concesso quattro affidamenti di minori a coppie gay .
Benché sia necessario riconoscere la differenza esistente tra l’istituto dell’adozione e quello dell’affidamento, è innegabile il sostrato culturale comune: è in atto una totale inversione di tendenza che pretende di equiparare artificiosamente una famiglia composta da un padre e da una madre ad una coppia gay o comunque proveniente dall’universo LGBT.
Secondo il giudizio del Tribunale, infatti, l’unione omosessuale è stata considerata in grado di garantire una “stabilità affettiva”, tale da poter prendere in affido un bambino.
Tanto basta per far esultare l’Arcigay ligure che, tramite le parole del responsabile dell’ufficio legale, Damiano Fiorato, ha dato il proprio benvenuto ai “segnali d’un progresso culturale e non solo giuridico”.
Probabilmente sfugge come, anche a fronte della più spinta forma di progresso, il dato biologico ed esistenziale rimane immutabile: un bambino nasce dall’unione di un uomo e di una donna e ha bisogno di un padre e di una madre per crescere in modo equilibrato.
Tutto il resto, se volete, chiamatelo pure “progresso”…
Marika Poletti