25/08/2014

Gianfranco Amato sul Museo MAXXI: “Alibi per sdoganare la pedofilia”

Gianfranco Amato interviene sulla denuncia presentata contro l’opera pedopornografica esposta al Museo MAXXI di Roma, argomentando come scelte di questo genere hanno solamente il sapore dello sdoganamento della pedofilia .

Il presidente dei Giuristi per la Vita è stato intervistato da Radio Vaticana ed ha curato una sua analisi sulle pagine de La Nuova Bussola Quotidiana.

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I “Giuristi per la Vita” e l’associazione “Pro Vita Onlus” hanno inoltrato un esposto-denuncia alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma contro un’asserita “opera d’arte” esposta al MAXXI, Museo delle arti del XXI secolo, di Roma, firmata da Jake e Dino Chapman, artisti noti per la loro dedizione a rappresentare figure adolescenziali alle prese con organi genitali maschili ed altre visioni pedopornografiche. L’opera denunciata, in particolare, è quella intitolata “Piggyback”, avente per oggetto l’immagine di due bambine, una delle quali adagiata sulle spalle dell’altra dalla cui bocca fuoriesce un membro maschile. L’esposto-denuncia è stato inoltrato per conoscenza anche alla Procura della Repubblica presso il Tribunale dei Minori di Roma, alla Questura di Roma, all’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, e al Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e Turismo.

L’esposizione di quella controversa “opera artistica” dei Chapman al MAXXI è stata pubblicamente censurata anche dal sociologo Antonio Marziale, presidente dell’Osservatorio sui Diritti dei Minori. Marziale, infatti, ha reso noto come “Piggyback” abbia «letteralmente indignato alcuni visitatori con figli minorenni», che hanno prontamente provveduto a contattare l’Osservatorio «per manifestare il loro disgusto e la loro riprovazione». Precisa il sociologo Antonio Marziale: «Esporre simili rappresentazioni nell’era in cui la pedopornografia macina un giro d’affari da far impallidire il bilancio di uno Stato significa mancare di rispetto a quanti ogni giorno combattono per drenare il più turpe ed abbietto crimine contro l’umanità». Questa la conclusione del presidente dell’Osservatorio sui diritti di Minori: «Riteniamo l’esposizione in contrasto col bisogno di costruire una cultura, anche dell’immagine, antitetica allo sfruttamento sessuale dei minori, e pertanto sollecitiamo il governo, nella persona del ministro Dario Franceschini, a voler provvedere alla rimozione di quell’opera».

La risposta del direttore del MAXXI, Anna Mattirolo, non si è fatta attendere: «La crudezza fa parte del lavoro dei Chapman, da sempre caratterizzati da opere che denunciano una realtà malata, che mettono in discussione la falsa moralità e vogliono suscitare dibattito, e crediamo fermamente e sosteniamo la libertà di espressione degli artisti». La denuncia dei Giuristi per la vita e di Pro vita Onlus ha dato origine anche a un caso politico. Qualcuno, infatti, ha ricordato che il Museo MAXXI di Roma costa circa 10 milioni di euro all’anno per la sola gestione ed è presieduto dall’ex ministro Giovanna Melandri, esponente Pd nominata dal governo tecnico di Monti. Particolarmente duro l’intervento di Cinzia Pellegrino di Fratelli d’Italia che ha richiesto le dimissioni della Melandri, dopo aver pubblicamente definito la sua nomina come «l’ennesima dimostrazione di una gestione totalmente ideologica e faziosa del Museo».

Resta, comunque, la gravità di quanto accaduto al MAXXI, su cui dovrà pronunciarsi la magistratura. Questa deriva pedopornografica spacciata per arte rappresenta, in realtà, un fenomeno sempre più diffuso e inquietante. Basti ricordare quanto avvenuto ad ottobre dell’anno scorso in occasione dell’undicesima edizione del Gender Bender, il noto festival gay-lesbico tenutosi a Bologna. Durante quella kermesse, infatti, fece scalpore uno spettacolo, più precisamente una coreografia, intitolata “Victor”, che ha visto come protagonisti un adulto e un bambino quasi completamente nudi (si trattava del ballerino professionista Steven Michel e del tredicenne Viktor Caudron). Nella presentazione di quello spettacolo (scaricabile dal sito web) si leggeva: «Un uomo e un bambino danno vita a un duetto di corpi. Il primo ha già percorso un lungo cammino; il secondo vuole crescere il più in fretta possibile. Il risultato è una prova di potere giocata con armi impari. A fronteggiarsi sono la grandezza e l’onestà, la forza e l’innocenza, che in fondo non desiderano altro che incontrarsi a metà strada». Del resto, dalla stessa immagine fotografica di presentazione dello spettacolo apparivano avvinghiati in un particolare abbraccio, quasi a “fondersi” in un unico corpo.

 

Prima ancora che iniziasse, era possibile comprendere, dalle immagini anticipate, la discutibile natura di quella coreografica, sia per le movenze allusive di un’attrazione sessuale tra l’adulto e il bambino, sia per l’”abbigliamento” dei due ballerini, sia, in particolare, per l’immagine altamente evocativa in cui l’adulto è posto a tergo del piccolo, mentre il bimbo tiene gli occhi chiusi. Anche contro quello spettacolo, peraltro, i Giuristi per la Vita hanno presentato il 13 novembre 2013 un esposto alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bologna, alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per il minorenni di Bologna, alla Questura di Bologna, all’Autorità Garante per l’infanzia e l’adolescenza, ai Servizi Sociali ed al Sindaco del Comune di Bologna.

Questa pericolosa deriva sembra dilagare impunemente nonostante il fatto che il legislatore italiano abbia avvertito l’urgenza di rafforzare la tutela dei minori, in un contesto culturale e mediatico nazionale e internazionale caratterizzato dalla massiccia azione degli “apologeti” della pedofilia. Con la legge 1 ottobre 2012, n. 172, infatti, è stata ratificata la “Convenzione del Consiglio d’Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale”, detta anche “Convenzione di Lanzarote”. In ossequio all’art. 4 di tale Convenzione è stata creata una nuova fattispecie criminosa, quella prevista dall’art. 414 bis c. p. (istigazione a pratiche di pedofilia e di pedopornografia), in base alla quale, tra l’altro, «non possono essere invocate, a propria scusa, ragioni o finalità di carattere artistico, letterario, storico o di costume». L’arte non può essere utilizzata come alibi per sdoganare l’esecrabile e odioso fenomeno che va sotto il nome di pedofilia . I fratelli Chapman e tutti gli esponenti di questo abominevole filone “artistico” se ne facciano una ragione.

Gianfranco Amato

Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana

 

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