Oggi si celebra la giornata mondiale della sindrome di Down. Con un bel po’ di ipocrisia.
Una delle frasi “tipiche” dell’informazione giornalistica è quella che recita: “per completezza dell’informazione dobbiamo aggiungere che…” seguita da qualche elemento aggiuntivo che, di solito, modifica leggermente il quadro complessivo dell’argomento trattato. Un cliché, molto spesso, uno stilema non troppo impegnativo per accennare ad una possibile notizia o interpretazione che si preferisce lasciare da parte.
Oggi mi è tornato in mente ascoltando un servizio del Tg2 Rai delle 13.00 sulla giornata dedicata alla sindrome di Down. Un servizio nel complesso ben fatto, dove veniva intervistato un signore affetto dalla sindrome che da undici anni lavora in un bioparco ed il suo collega ed amico. Grande simpatia e l’evidenza di una personalità viva, appagata, presentata come esempio delle “grandi potenzialità” che queste persone possono sviluppare quando vengono accolte ed aiutate fin dall’infanzia. Come tutti noi, se veniamo alla vita nell’amore dei nostri cari e troviamo una società sana, che cerca di offrire a tutti i suoi cittadini le giuste opportunità.

Tutto bene dunque? Tutto bene fino a quando la giornalista infila nel discorso il dato statistico (poteva essere altrimenti?) affermando che oggi in Italia “nasce un bambino affetto da sindrome di Down ogni 1.000 bambini”. Cioè circa 500 ogni anno. Punto.
L’informazione è quella standard offerta dalle “Linee Guida per l’Assistenza alle Persone con Sindrome di Down” diffuse dall’Istituto Superiore di Sanità. Ma proprio a questo punto sarebbe dovuto scattare la formula di rito: per completezza della informazione … Bisognerebbe aggiungere, infatti, che alla fine degli anni ’70 in Italia nasceva un bambino con la sindrome ogni 650 nati, dal momento che non erano ancora attuate “la diagnosi prenatale e l’interruzione di gravidanza” (è sempre l’ISS a dirlo, nella stessa scheda). Bisognerebbe aggiungere che è possibile stimare che vengano abortiti oltre 1.000 bambini ogni anno per il semplice fatto che prima della nascita sia stata loro diagnosticata la “trisomia 21”, come abbiamo denunciato più volte, per esempio qui.
In un servizio giustamente volto a favorire l’accoglienza verso queste persone si tace la notizia fondamentale: sono molti di più i bambini con la sindrome di Down che vengono rifiutati prima ancora di nascere di quelli che vengono al mondo. Un dato che ribalterebbe completamente il senso della notizia e della giornata sulla sindrome di Down. Come è possibile promuovere l’inclusione sociale di una categoria di persone quando nel silenzio assoluto la maggior parte di loro cade vittima dell’eugenetica? Come si può pensare di chiedere alle istituzioni di fare di più dimenticando che quelle stesse istituzioni finanziano la soppressione della maggioranza di loro?
Se, come sosteneva il servizio del Tg, le persone con la sindrome di Down sono una risorsa per il nostro paese allora è indispensabile accoglierli e sostenerli tutti: fin da quando nella pancia della mamma si preparano a venire al mondo.
Benedetto Rocchi
DIFENDIAMO I BAMBINI E LA FAMIGLIA DAI TENTATIVI DI
LEGALIZZAZIONE DELLE UNIONI CIVILI