Emanuele Nardi, sul Sussidiario, incrocia i dati del Ministero della salute (sull’attuazione della 194), che trionfalisticamente annuncia il declino dei numeri dell’aborto, con la relazione presentata dal Movimento Per la Vita. Il risultato è sconfortante.
A parte il fatto che – come giustamente nota – ormai ci siamo “anestetizzati” nei confronti di quasi sei milioni di bambini ammazzati, dei quali a nessuno sembra importare nulla, le relazioni ministeriali riportano, con esultanza di molti, che dall’apice raggiunto nel 1983, con più di 230 mila aborti, nel 2013 siamo scesi a poco più di 1o2 mila.
Il Movimento per la vita, invece, nel suo ottavo Rapporto, solleva diverse questioni. Nel 1983 le
donne in età fertile, tra i 20 e i 35, anni erano assai numerose: oltre sei milioni e mezzo, perché nate nel periodo del boom delle nascite, tra il 1948 e il 1963.
Le donne fertili del 2013, invece, sono nate tra il 1978 e il 1993, cioè al tempo del crollo delle nascite iniziato nel 1975, erano 2 milioni di meno: non sorprende quindi la diminuzione del numero di aborti.
Il Rapporto Mpv, poi, pubblica un’ampia appendice di dati scientifici a proposito della cosiddetta “contraccezione d’emergenza”, che, come sappiamo bene, non è affatto contraccezione: se è avvenuto il concepimento le pillole che si assumono dopo il rapporto sessuale possono provocare l’aborto. Qui è impossibile fare calcoli statistici, ma se solo di Norlevo sono vendute 400mila confezioni ogni anno, quante migliaia saranno gli aborti da esse causati?
Infine, Nardi ripete quel che abbiamo già scritto, e ripetuto: dal rapporto del Ministero della Salute si evince che i medici abortisti, non obiettori di coscienza – vorremmo dire “senza coscienza” – hanno un carico di lavoro medio di 1,4 aborti a settimana, che in termini orari li impegnano circa un paio di ore.
Di contro – ed è questo il punto dell’articolo di Nardi che merita maggior evidenza – se i medici obiettori, invece di essere messi alla gogna, fossero lasciati liberi di lavorare anche nei consultori, la sinergia tra gli stessi e i CAV potrebbe fare miracoli. Oggi i 350 CAV, da soli, senza alcuna collaborazione da parte delle strutture pubbliche, nel solo 2013 hanno aiutato 60mila donne e salvato la vita a 17mila bambini (160mila dal 1975). E nessuna mamma si è mai lamentata di essere stata aiutata a scegliere la vita. Immaginiamo quanto questi numeri potrebbero moltiplicarsi con la collaborazione delle strutture pubbliche.
Redazione