La Commissione dottrinale dell’Episcopato statunitense ha appena pubblicato una lunga dichiarazione a proposito dei “limiti morali della manipolazione tecnologica del corpo umano”. Si tratta di un documento ben strutturato, di impianto teologico e filosofico, che confuta, alla radice, ogni possibile teoria del gender e tutte le conseguenze mediche, sociali e culturali.
Un documento, però, che è fondamentale e importante anche per chi non è esperto di materie teologiche e anche per chi non è credente, perché getta un’importante luce – anche razionale e laica – sulla questione del gender e della riassegnazione di genere.
Siamo convinti infatti che le argomentazione dei presuli hanno una portata umanistica che va ben al di là della fede che professano e si rivolgono, infondo, alla coscienza di ogni uomo di buona volontà.
Per i vescovi, la “tecnologia moderna” applicata alla medicina, non è in sé censurabile. Anzi essa permette di “curare molte malattie”, costituendo un vero “vantaggio per l’umanità” (n. 1).
Esistono tuttavia dei rischi di cattivo uso che richiedono un “attendo discernimento morale”. E tutti fin qui possiamo essere assolutamente d’accordo.
Secondo il documento nel mondo esiste un “ordine naturale” da rispettare e, citando papa Francesco, si fa notare, che occorre fare attenzione per evitare possibili manipolazioni. Specie quando si tratta degli esseri umani. Questa è quella ecologia umana a cui gli ecologisti spesso danno scarso peso.
L’uso della tecnologia deve essere guidato dal rispetto della realtà e non dal desiderio di onnipotenza. Secondo la Chiesa americana, esiste ovviamente “una distinzione tra l’anima e il corpo”, ma è anche vero che “entrambi sono costitutivi” della persona.
Già qui la teoria antiscientifica del gender è messa alle strette, poiché essa si fonda sull’autodeterminazione sessuale assoluta, ignorando completamente il linguaggio della corporeità. A questo proposito, i Vescovi fanno un’affermazione forte quando scrivono che, contrariamente alla vulgata, non esiste in natura un “corpo sbagliato” (n. 4).
Ma se è vero che sia l’anima che il corpo concorrono alla costituzione della persona, è anche vero che la sessualità è un dato di natura, e non di scelta o di auto-percezione. Dice infatti la Nota che “l'essere uomo o l'essere donna è un aspetto fondamentale dell'esistenza” di ogni essere umano (n. 5).
La sessualità quindi non è qualcosa di contingente e modificabile secondo le sensazioni soggettive. Per i teologi essa è “una componente fondamentale della personalità”. Non può essere mutata o alterata in nome di filosofie queer o gender fluid, anche perché il sesso naturale non va ridotto a “puro e insignificante fatto biologico”.
Esso riguarda l’essenza della persona, non aspetti meramente esterni e chirurgicamente correggibili. “La persona umana, corpo e anima, uomo o donna, ha un ordine e una finalità fondamentali, la cui integrità deve essere rispettata” (n. 7).
Ma allora sono lecite o no le operazioni che correggono e mutano, in qualche modo, il corpo umano?
Sì, ma in due casi ben definiti. Quando gli interventi “mirano a riparare un difetto del corpo” e quando “il sacrificio di una parte del corpo è necessario per il benessere dell'intero corpo” (n. 8). E’ evidente che se è irragionevole tagliare una gamba sana a un paziente, è altrettanto irragionevole non tagliargliela se l’amputazione risulta necessaria alla vita del soggetto.
Tutto ciò appare chiaro e assodato. Ben altra cosa, insegnano i presuli, sono quelle operazioni che “mirano a ridisegnare l'ordine fondamentale dell'essere umano” (n. 13). E qui ci si allontana dalla sfera del lecito, e si intraprende una strada pericolosa.
Così, gli interventi che vogliono “cambiare le caratteristiche sessuali del corpo del paziente con quelle del sesso opposto” non sono legittimi. In tali casi si deve parlare di “tentativi di alterare l'ordine fondamentale e la finalità del corpo” (n. 16).
Si pensi, solo per fare un esempio, al prospero mercato delle mastectomie, con cui ragazze e ragazzine, a volte ancora minorenni, richiedono ed ottengono l’asportazione del seno, per non sembrare ciò che sono: delle donne.
Quindi, secondo l’autorevole voce della Chiesa d’America, gli interventi di riassegnazione sessuale e gli stessi bloccanti della pubertà, “non rispettano l'ordine fondamentale della persona umana” che è, e questo vale evidentemente non solo per i credenti, una “unità intrinseca di corpo e anima, con un corpo sessualmente differenziato” (n. 18).
I medici cattolici quindi, ma anche tutti coloro che sono sensibili a queste ragionevoli argomentazioni, devono astenersi da queste operazioni chirurgiche (come dovrebbero farlo per l’aborto e l’eutanasia), anche mediante l’obiezione di coscienza, se fossero costretti dalle autorità sanitarie.
“La tradizione ippocratica in medicina, concludono i Vescovi, chiede a tutti gli operatori sanitari innanzitutto di non nuocere”. E l’idea che sia sufficiente (e legittimo) modificare l’apparenza corporea per cambiare sesso o genere è un inganno e un ottimo modo per nuocere ai nostri fratelli.