06/03/2022 di Manuela Antonacci

Campidoglio e femministe dichiarano guerra e vandalizzano la campagna in difesa delle donne di Pro Vita & Famiglia

Censura e bocche tappate. A questo sta ricorrendo il Comune di Roma per imbavagliare la libertà di opinione di Pro Vita & Famiglia e in particolare l’ultima campagna di affissioni in difesa dei nasciture – anzi, delle nasciture – e dunque delle donne tutte.

I manifesti promossi in vista dell’8 marzo – la Giornata Internazionale della Donna – mostrano infatti una bimba nel grembo materno, con la dicitura «Potere alle donne? Facciamole nascere». Come per ogni essere umano, infatti il primo diritto di una donna è quella alla vita e l’iniziativa vuole sensibilizzare sullo sterminio di milioni di vite umane ogni anno, che spesso vengono uccise nel grembo materno solo perché donne, dunque con un vero e proprio aborto selettivo. Una campagna che però si rivolge anche a tutte le altre donne – già nate – per far sentire loro la vicinanza di chi, come fa appunto Pro Vita & Famiglia, non le vuole lasciare sole, soprattutto nei momenti drammatici di abbandono e solitudine per essere state lasciate sole a seguito di una gravidanza indesiderata o da portare avanti senza mezzi economici e sociali adeguati.

Tutto questo però non piace a chi fa dell’aborto, dell’uccisione nel grembo materno e della solitudine delle donne costrette a scegliere la pratica abortiva, il suo mantra, come appunto progressisti, radicali, esponenti del Movimento 5 Stelle e della Sinistra. E’ stata infatti Monica Lucarelli, Assessore alle Attività Produttive e Pari Opportunità del Comune di Roma ad annunciare di aver disposto la rimozione dei manifesti, adducendo come motivazione una fantomatica violazione dell’articolo 12 bis sul regolamento per le affissioni. Secondo questo articolo, infatti, è vietata l'esposizione pubblicitaria il cui contenuto contenga stereotipi e disparità di genere, veicoli messaggi sessisti, violenti o rappresenti la mercificazione del corpo femminile e il cui contenuto sia lesivo del rispetto delle libertà individuali, dei diritti civili e politici.

Una descrizione che non ha bisogno di interpretazioni e che, soprattutto, già di per sé scagiona l’iniziativa di Pro Vita & Famiglia, che in alcun modo è stata ed è sessista, né violenta, né veicola messaggi stereotipati o di disparità. Una diversa interpretazione, infatti, vorrebbe dire che il Campidoglio reputa sessista, violento, lesivo e discriminatorio semplicemente dire di tutelare le donne, di rispettarle e di farle nascere.

Una decisione, quella del Comune guidato dal neo sindaco Roberto Gualtieri, arrivata dopo le polemiche sollevate, come detto, da alcuni esponenti del mondo politico, tra i quali i consiglieri del Partito democratico in Campidoglio, ma anche Leone Barilli, segretario di Radicali Roma e Michela Cicculli, presidente della commissione Pari opportunità di Roma ed esponente di Sinistra civica ecologista.

Un vero e proprio network politico di censura e imbavagliamento, dunque, che ha chiesto a gran voce la rimozione di quello che è stato falsamente e in modo calunnioso additato come un insulto, mentre nessuno – a proprio dei paladini della giustizia e della libertà di pensiero – si è minimamente indignato per gli atti vandalici dei collettivi femministi, che hanno imbrattato i manifesti e soprattutto la sede di Pro Vita & Famiglia?

I collettivi femministi, infatti, nella notte tra sabato e domenica hanno brutalmente vandalizzato la sede romana di Pro Vita & Famiglia, con una serie di scritte ingiuriose e volgari a caratteri cubitali sulle saracinesche e sui muri all’ingresso. Un attacco vile e violento che, come ha precisato anche Antonio Brandi, presidente della Onlus, si è verificato dopo le dichiarazioni della giunta Comunale, che viene considerata dalla stessa associazione come «politicamente responsabile del violento attacco subito». Secondo Brandi, infatti, «etichettando e censurando la nostra innocua campagna come violenta e sessista, l’Assessore Lucarelli ha fomentato un clima di odio politico verso la nostra associazione». Pro Vita & Famiglia si è inoltre dichiarata pronta ad un confronto sano con l'Assessore, chiedendole di «condannare quanto avvenuto», chiendendo «la sua solidarietà» e invitandola «nella sede per toccare con mano le attività che quotidianamente Pro Vita & Famiglia porta avanti in difesa delle donne e della Vita».

L’associazione pro-life non è però rimasta a guardare e ha già annunciato il ricorso in Procura e in ogni sede giudiziaria per difendere i propri interessi contro la rimozione dei manifesti ed eventualmente i reati di asportazione, distruzione o deterioramento dei propri stampati, che dovrebbero  - il condizionale, con questa Giunta è d’obbligo – essere garanti dall’articolo 21 della Costituzione.

Evidentemente, come ha dichiarato il portavoce della onlus, Jacopo Coghe, a Roma «è vietato ogni discorso anche solo indirettamente collegato all’aborto». Anzi. E’ vietato qualsiasi discorso legato all’aborto se non sei pro-abortista e non la pensi come loro.

Ecco dunque che l’iniziativa di Pro Vita & Famiglia, iniziata ieri con l’affissione dei manifesti – e che proseguirà in vista dell’8 marzo, anche in altre città e capoluoghi d’Italia – è stata calpestata da chi vuole calpestare il diritto di parola altrui, la libertà di stampa, di manifestazione di pensiero e, in definitiva, vuole calpestare le coscienze di chi non si allinea al pensiero unico.

 

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