06/06/2013

Il dono della vita

Pubblichiamo un articolo che è apparso sul sito dell’Arcivescovo di New York nel mese di maggio, Cardinale Timothy Dolan. Lo sentiamo rivolto anche a noi, pur lontani, dall’altra parte dell’Oceano.

Ed eccoci giunti al mese di Maggio, in cui ciascuno celebra con gioia il Giorno della Mamma, e noi Cattolici ricordiamo in particolar modo la nostra Beata Madre, Maria. È primavera, il tempo in cui la creazione di Dio prorompe in tutta la sua bellezza e fertilità. Tutto intorno a noi ci ricorda che la nostra vita è un dono, in ultima istanza proveniente da Dio, ma anche dal nostro padre e dalla nostra madre umani. E noi siamo grati per questo dono.
Ma chiunque sfogli i quotidiani, o accenda la TV, non può non restare scosso dall’attuale temperie culturale, e in particolare dal trattamento riservato al dono della vita.
I notiziari ci hanno proposto la nauseante storia del dottor Kermit Gosnell, che praticava aborti tardivi. La scorsa settimana è stato condannato per omicidio plurimo, per aver ucciso dei bambini nati vivi dopo dei tentati aborti. Per anni ha portato avanti il suo terribile commercio in condizioni inumane e insalubri, mentre le autorità sanitarie della Pennsylvania restavano immobili, a causa della riluttanza, motivata ideologicamente, a interferire con la “libertà di scelta” delle donne. Svariate persone, inclusi altri attivisti pro-aborto, erano a conoscenza degli abusi e dei torti, ma nessuno è intervenuto. Il processo a Gosnell ha catapultato l’attenzione della nostra nazione su un argomento rimosso da decenni  — la fondamentale crudeltà dell’aborto.

Perciò, voi direte, finalmente potremo cominciare a parlare dell’aborto più apertamente e con maggior buon senso, cercando vie per limitarlo, discutendo sulla creazione di alternative concrete.
A quanto pare sì, anche se ciò non sarà così semplice come potrebbe apparire.
Intanto abbiamo visto il Presidente degli Stati Uniti partecipare e parlare ad una serata di Gala tenuta da Planned Parenthood. Ed è curioso che il Presidente non abbia mai fatto cenno al termine “aborto”, mentre ha ringraziato Planned Parenthood per il loro lavoro per la “salute femminile”, mentre il loro business è in realtà l’aborto! Loro eseguono ogni anno oltre 300.000 aborti, buona parte dei quali è pagato dalle tasse dei contribuenti. E loro si oppongono a qualsivoglia regolamentazione ragionevole sull’aborto, o persino al fatto che se ne possa discutere.

Inoltre siamo minacciati da una possibile maggior permissività degli aborti qua a New York, derubricati sotto la voce “parità femminile”. Varie le proposte avanzate dal governatore sul tema, e ancora non abbiamo visto i dettagli del suo “Atto sulla Salute Riproduttiva”. Tuttavia alcuni dei sostenitori continuano ad insistere sul fatto che l’aborto è una  componente essenziale della “parità femminile”, della parità di genere. Le loro proposte includono la definizione dell’aborto quale “diritto fondamentale”, come se fosse la stessa cosa del diritto di voto. Stanno altresì facendo pressione affinché sia permesso anche a personale non medico di eseguire aborti, e affinché sia consentito che rischiose procedure tardive siano consentite anche al di fuori delle strutture ospedaliere. Tutto ciò vorrebbe dire aumentare il numero degli aborti tardivi, e vanificare altre regole di buon senso, come ad esempio assicurare che i genitori siano coinvolti nelle decisione delle minori.
Come può tutto ciò avere un senso?  Un solo aborto sarebbe già di troppo, ma ogni anno ce ne sono oltre 100.000 a New York, oltre un milione negli Stati Uniti. Più della metà degli afro-americani concepiti ogni anno a New York vengono abortiti, in alcune aree questa percentuale sale a oltre il 60%. Per cui nutriamo seri dubbi che una ulteriore deregolamentazione dell’aborto sia qualcosa di cui si sente il bisogno. Sono lieto che molti tra i nostri leader politici, incluso il Governatore Cuomo, stiano spingendo per soluzioni creative per ridurre il numero degli aborti mediante l’assistenza alle donne incinte, ai loro figli non nati e ai loro neonati.

Né c’è alcun argomento razionale per considerare l’aborto altrettanto valido per “la salute delle donne” o per “l’uguaglianza”. Metà dei bambini abortiti sono donne, alcune delle quali non sono abortite per nessun altra ragione che il loro sesso. Alcune tra le donne che abortiscono muoiono per le complicazioni o soffrono per i traumi fisici e psichici per gli anni a venire. È assolutamente folle considerare il dono della fertilità femminile come se fosse una malattia e il bimbo che si porta in grembo come un tumore da eliminare.

Spesso ci capita di sentire richiami al “dialogo nazionale” su problemi degni di nota, ma i nostri leader sembra che non vogliano mai discutere in maniera franca sull’aborto. È diventato il grande tabù, l’argomento che non va mai menzionato. Quando solleviamo il problema siamo accusati di voler “imporre i nostri valori” agli altri.
Seriamente, chi sta imponendo valori a chi? Quando i nostri intellettuali negano o nascondono la verità sull’aborto, non stanno imponendo la loro visione della realtà? Quando lo Stato obbliga i contribuenti a finanziare l’aborto, non è questa un’imposizione di valori contrari alla vita? Per non parlare poi dei bimbi non nati — come si sentono nell’avere il valore della “scelta” imposto su di loro nella maniera più irreversibile?
Nel profondo dei nostri cuori queste sono verità che non possono essere cancellate, che non possono essere del tutto annebbiate dall’ideologia, dai calcoli utilitaristici o dalle nostre debolezze e auto-illusioni. Le nostre vite sono un dono meraviglioso, sono preziose e vanno protette e nutrite. E non esclusivamente le nostre — ogni vita umana ha la stessa importanza e deve essere preservata e protetta allo stesso modo. Noi siamo chiamati a donarci all’altro, come servi amorevoli, ai nostri fratelli e sorelle, in particolare a coloro che hanno più bisogno. E, nel profondo del nostro essere, sappiamo che l’aborto contraddice queste verità.
La nostra società è nuovamente sfidata a riconoscere queste verità fondamentali, a discuterne apertamente, a fare i conti con le dure e impegnative decisioni che comportano, e a dare il nostro aiuto a coloro che si lottano con esse. I giorni della negazione sono finiti! Non possiamo più nasconderci dietro eufemismi e distrazioni! Possiamo trovarci tutti d’accordo sul fatto che le cose siano andate troppo oltre, possiamo cominciare a operare aggiustamenti? Possiamo iniziare a parlare secondo buon senso?

Traduzione a cura di Luigi Corsello

Clicca qui per leggere l’articolo originale pubblicato da CardinalDolan.org in lingua inglese

di Timothy Cardinal Dolan

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