L’ex ministro Carlo Giovanardi, da sempre attento alle questioni bioetiche, è insorto su Panorama a proposito della triste contesa tra le due “madri” di una bambina, ottenuta tramite la prassi, tanto squallida quanto illegale, dell’utero in affitto.
La vicenda è piuttosto “semplice”, ma per questo altrettanto drammatica. Le due donne si sono sposate negli Stati Uniti nel 2016 e hanno avuto tramite cosiddetta GPA una bambina, ora di 4 anni. Ma dopo il matrimonio americano (introdotto dal presidente Obama e legalizzato nel 2015) è arrivata la separazione tra le partner e con essa la lite per tenere la povera bambina e per il cognome che dovrà avere.
La normativa italiana sulle adozioni è avanzatissima e rigorosa. Essa permette l’adozione solo ad «una coppia (uomo e donna) regolarmente sposata». E tale coppia richiedente non deve «superare una certa età» (contro il fenomeno delle mamme-nonne) e deve «provare di avere un reddito sufficiente»
Tutto ciò viene vagliato dai servizi sociali e dal Tribunale dei minori, attraverso «una approfondita e lunga istruttoria». La coppia tutta al femminile di cui sopra ha avuto la bambina negli Stati Uniti grazie a un donatore maschio che ha fecondato l’ovulo di una terza donna, la quale ha messo al mondo la bambina.
La “figlia” delle due donne è stata quindi registrata in Italia, praticamente come una costatazione di fatto. La separazione delle due ha però svelato i problemi di questi “matrimoni” e di queste adozioni. Con chi deve stare la bambina, in caso di separazione, se nessuna delle due donne è la vera madre biologica?
Per la legge italiana, ricorda Giovanardi, la madre della bambina è la donna che è la partorisce e il padre è colui che ha donato il seme per la fecondazione. Il tribunale di Bari ha però assegnato la bambina ad entrambe le donne, per tutelare il famoso “interesse superiore del minore”, di cui molti – come in questo caso – si riempiono ipocritamente la bocca e ne abusano.
È difficile, infatti, in questi casi dire dove sia l’autentico bene del minore. E proprio per evitare il sorgere di situazioni ingestibili sarebbe bene che le legge le rendesse impossibili.
Al contrario, i media anti-famiglia hanno giubilato per la decisione del tribunale e per la storia in sé della bimba con due mamme. E questo perché, in nome di teorie fasulle come quella del gender, si vuole dimostrare che la famiglia può essere tutto e il contrario di tutto. Con genitori variabili e a piacimento. Se tutto è famiglia, però, nulla lo è: lo sanno bene i gruppi no family del pianeta.
Giustamente Giovanardi conclude la sua denuncia con l’auspicio, sostenuto da sempre anche da Pro Vita & Famiglia, che «il Parlamento approvi rapidamente la norma che rende universale il reato di utero in affitto», che rappresenta una vera compravendita di esseri umani, lo sfruttamento delle donne più bisognose (il cui corpo è acquistato da persone facoltose) e un vulnus alla sicurezza psicologica e affettiva a cui tutti i bambini del mondo hanno diritto.