Il Congresso del Perù ha stabilito che l’aborto non è un diritto umano, ma una grave violazione di esso, rendendolo in questo modo de facto illegale. Si tratta del primo paese sudamericano a dare questo passo.
Lo scorso 9 novembre il Congresso del Perù ha infatti approvato un disegno di legge che riconosce che la vita umana inizia con il concepimento. Precedentemente, la legislazione peruviana stabiliva che la personalità giuridica inizia con la nascita. La legislazione, introdotta due anni fa dalla deputata Milagros Jáuregui de Aguayo, afferma che il nascituro è una personalità indipendente fin dal concepimento. Inoltre, secondo la nuova legge, il nascituro ha una chiara identità genetica e quindi ha diritto all’integrità, alla vita e alla dignità. L’approvazione del disegno di legge segna un cambiamento importante in Perù, che così diventa uno dei paesi più restrittivi in materia di aborto.
L’approvazione della legge, con 72 voti favorevoli e 26 contrari, rappresenta una vittoria per i sostenitori della vita. I gruppi pro-vita attivi nel Paese considerano il disegno di legge fondamentale per proteggere i diritti dei bambini nascituri. Ai sensi della legge, l’aborto sarà praticamente vietato, fatta eccezione del cosiddetto “aborto terapeutico”, ancora tutelato dall’art. 119 del Codice di Diritto Penale.
Lo stesso portale ufficiale del Congresso afferma che la nuova legge “proteggerà il diritto alla vita di un essere in formazione”. Inoltre chiarisce che “la legge non crea nuovi diritti, ma semplicemente riconosce quelli esistenti”. Infatti, la nuova norma finalmente interpreta il senso dell’art. 2 Comma 1 della Costituzione, secondo cui “l’essere concepito è soggetto di diritto in tutto ciò che lo favorisce”. Secondo il portale del Congresso, “l’obiettivo di questa legge è di avere una norma che riconosca in modo chiaro ed espresso i diritti costituzionalmente riconosciuti ai concepiti, come stabilito nell’articolo 2 della nostra Magna Carta, a cominciare dal riconoscimento del diritto alla vita, da cui discendono tutti gli altri diritti”.
Il caso del Perù dimostra che “si può fare”, cioè si può difendere il diritto alla vita dal concepimento fino alla morte naturale. La grande domanda è: altri Paesi seguiranno questo bell’esempio?