«Saresti disposto ad avere rapporti sessuali con un marocchino?». Una domanda che, letta così, fa pensare immediatamente ad una battuta, peraltro di pessimo gusto. Invece si tratta di uno dei quesiti di un vero e proprio test diffuso nei giorni scorsi tra gli studenti dell’Istituto d’Istruzione superiore statale Andrea Fantoni di Bergamo. È bene precisare che il questionario – strutturato con più risposte al fine di misurare il «grado di accordo riguardo alle seguenti affermazioni» - comprendeva anche altri quesiti a dir poco singolari.
Per esempio, agli studenti sono state poste domande quali: «Secondo te è vero che il comportamento criminale dei marocchini è dovuto alle differenze culturali di questo popolo?» oppure «I marocchini discendono da popolazioni che possiedono abilità meno sviluppate». Quesiti evidentemente trabocchetto, contenenti passaggi ambigui con l’evidente finalità di stanare, per così dire, un razzismo più o meno latente negli studenti.
Ora, quale giudizio possiamo dare di questa iniziativa, svelata in anteprima da Il Giornale su segnalazione del consigliere comunale e regionale della Lega Max Bastoni? Negativo evidentemente, per più motivazioni. Tanto per cominciare perché, come dimostra il quesito riportato in apertura - «saresti disposto ad avere rapporti sessuali con un marocchino?» -, ancora una volta l’istituzione scolastica compie un’ingerenza bella e buona, anzi una doppia ingerenza: quella a danno delle scelte individuali di ogni giovane e quella, ancora più grave, a danno del primato educativo della famiglia, con i genitori che sono i soli titolati ad affrontare, salvo diverso avviso formalizzato con consenso informato, certi argomenti con i loro figli.
Un secondo forte motivo di criticità nei confronti del test sottoposto agli studenti bergamaschi deriva dalla già ricordata ambiguità di alcune domande che lo compongono. Che senso ha, infatti, sondare le preferenze sessuali tentando subdolamente di collegarle alla tolleranza verso altre culture? E quale il significato dei richiami alle «abilità» di altre popolazioni? Il rispetto verso l’altro – sia esso italiano o di altra provenienza – non deriva dal suo considerarlo possibile partner sessuale o dal considerarlo abile o meno abile, bensì dal riconoscerlo come persona provvista, in quanto tale, di una sua incommensurabile dignità. Sono due discorsi completamente differenti.
Terza ed ultima considerazione, un test con così tante domande sui «marocchini» altro non fa che tradire un certo razzismo. Ma non da parte di chi lo compila bensì, al contrario, da parte di chi lo ha pensato, tale questionario. Il che, alla luce anche delle altre considerazioni, evidenzia l’importanza – in futuro – di evitare simili iniziative scolastiche da un lato e, dall’altro, di continuare un’opera di rispettosa ma di ferma vigilanza su quanto viene proposto all’attenzione dei nostri giovani, i quali meritano di essere educati nel modo più serio e completo; senza, cioè, iniziative bizzarre e predisposte senza il rispetto verso tutta una scala di valori, a partire dal mai abbastanza ricordato primato educativo dei genitori sui figli.
Il tutto nella consapevolezza che educare non significa iniziare un giovane ai dettami del politicamente corretto o di una visione disinvolta della sessualità, bensì introdurlo alla conoscenza della distinzione tra bene e male, tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato e, in ultima analisi, tra ordine e disordine. Certo, educare è una missione oggi più che mai complessa. Ma proprio per questo è bene che genitori ed educatori non deleghino il loro compito a esperti di dubbia competenza e a test la cui sola lettura fa venire letteralmente le lacrime. E non dal ridere.
di Giuliano Guzzo