Da giorni, nell’intero mondo occidentale, si dibatte sui possibili effetti – auspicati da alcuni, temuti da altri – del parere pro life della Corte Suprema degli Stati Uniti.
Si teme da più parti, infatti, che una decisione forte, attesa entro l’estate, possa cancellare la celebre sentenza “Roe vs. Wade”, che di fatto legalizzò l’aborto negli Stati Uniti nel 1973. E ristabilire i diritti del nascituro e della nascitura, assieme a quelli della partoriente.
Oltre ai dibattiti, però, il fronte che chiama se stesso pro choice (per la scelta) si è reso responsabile, almeno nella sua componente più estremista e ideologica, di violenze di vario tipo. Danneggiamenti di sedi pro life, scritte minacciose sulle chiese, insulti e odio sui social, e perfino delle manifestazioni davanti alla casa del coraggioso giudice Samuel Alito, responsabile della bozza di cui sopra.
Il giudice, malgrado l’ottima reputazione di giurista esperto e obiettivo, ha dovuto cambiare domicilio, per preservare la sua famiglia da possibili disagi. Ora, la violenza sta crescendo a tal punto che, secondo quanto riferisce il portale Lifenews, »Il Dipartimento della Sicurezza Nazionale ha pubblicato un nuovo rapporto molto preoccupante».
Questo rapporto mostrerebbe che «gli attivisti radicali per l'aborto pianificano di bruciare o assaltare l'edificio della Corte Suprema e uccidere i giudici e i loro avvocati nel caso in cui la sentenza Roe v. Wade sarà ribaltata».
Del resto, la cosa non sorprende chi è informato e non partecipa all’amnesia collettiva voluta dal potere. Quando l’aborto era illegale nell’intero Occidente, ed erano previste delle sanzioni per chi lo procurasse volontariamente, gli ambienti abortisti unitamente a quelli del femminismo radicale, non si facevano nessun problema a violare la legge, a sopprimere gli embrioni e perfino a vantarsene pubblicamente, con lo scopo di “cambiare la mentalità”.
In Italia sono note in tal senso le figure di Emma Bonino e Adele Faccio. Da sempre quindi l’attitudine all’illegalità e all’impunità caratterizza il fronte pro choice. Anche a causa del pieno sostegno del pensiero relativista dominante, delle multinazionali farmaceutiche (che fanno miliardi con le varie kill pill) e della peggiore politica nichilista improntata al mors tua, vita mea.
Ora si è arrivati al punto di ipotizzare un terrorismo di matrice abortista. Infatti secondo il Dipartimento di Sicurezza Nazionale (DHS), le minacce dei pro aborto sono serie e “suscettibili di persistere e aumentare prima e dopo l'emissione della sentenza ufficiale della Corte”.
Ovviamente tutti noi che riteniamo inviolabile la vita umana, dal concepimento alla morte naturale, non dobbiamo farci intimidire da questa atmosfera da caccia alle streghe strategicamente messa in atto da chi vorrebbe soffocare il dibattito e avere il potere di distruggere i bambini anche nel grembo materno.
Resta il paradosso di un universo pro aborto che si è sempre detto liberal e libertario, ma che fa ricorso all’odio, alle minacce e forse all’omicidio dell’avversario politico quando la legge stabilisce che “uccidere non si deve”.