Semaforo verde dalla Corte Suprema degli Stati Uniti sulla nuova legge sull’aborto del Texas, considerata la più restrittiva degli Usa. Con cinque giudici su nove contrari alla decisione, la Corte ha respinto il ricorso avanzato dai progressisti per bloccare la norma. Per quanto riguarda la costituzionalità delle legge, invece, la Corte non si è pronunciata, ma ha invocato «questioni di procedura complesse e nuove».
La nuova legge texana decreta illegale l’aborto dopo la rilevazione del primo battito cardiaco fetale, che si verifica normalmente intorno alla sesta settimana di gestazione. In questo modo, il Texas si pone sulla scia di altri stati a guida repubblicana, che negli ultimi 2-3 anni, hanno promulgato analoghe leggi restrittive. Tra questi: Ohio, Alabama, Georgia, Luisiana, Kentucky. In tutti i casi, però, le Corti Supreme statali avevano bocciato le leggi.
Il testo definitivo è stato firmato a maggio dal governatore del Texas, Greg Abbott, il quale, per l’occasione ha dichiarato: «Abbiamo lavorato insieme in modo bipartisan, per approvare un disegno di legge» il quale «garantisce che la vita di ogni bambino non ancora nato il cui cuore batte, sarà salvata dalle devastazioni dell’aborto».
Una vecchia sentenza della Corte Suprema aveva dichiarato illegittimo il divieto di aborto prima della vitalità fetale, fissata allora a 20 settimane: questa soglia è stata poi notevolmente abbassata, grazie ai progressi della scienza medica.
Per prevenire contenziosi legali, ai funzionari statali texani è stato fatto divieto di far rispettare la nuova legge. Sarà invece consentito ai privati cittadini di citare in giudizio chiunque aiuti una donna ad abortire (quest’ultima, però, non può essere citata in giudizio). Per i trasgressori, ovvero sia per chi segue l’aborto sia per chi lo favorisce, è prevista una sanzione pecuniaria di 10mila dollari.
La legge texana, peraltro, riconosce anche le esigenze informative delle madri riguardo ai servizi a loro disposizione, nonché le possibilità di sostegno economico. Secondo le cliniche abortiste, la nuova legge texana, «ridurrebbe immediatamente e catastroficamente l’accesso all'aborto in Texas, escludendo le cure per almeno l’85% delle pazienti che ricorrono all’aborto». Il risultato sarebbe quello di «forzare le cliniche dell’aborto alla chiusura».
A fronte del malumore degli abortisti a tutti i livelli, si registra la prevedibile soddisfazione dei pro-life. Students for Life stima che la legge texana andrà a salvare la vita di circa di 130 bambini al giorno, mentre un sondaggio di Kaiser rileva che metà degli americani sono favorevoli a divieto d’aborto dal momento del primo battito cardiaco rilevato.
Nell’appoggiare la scelta del parlamento texano, Students for Life stigmatizza il «conflitto d’interessi» delle lobby abortiste che «i veri bisogni di una donna all’ultimo posto» e danno «la priorità ai team di vendita dell'industria dell’aborto». Con il risultato che, spesso, molte donne si percepiscono come «costrette ad abortire» per mancanza di alternative. Nel frattempo, è arrivata la succitata sentenza della Corte Suprema del Texas che, pur non limitandosi a non sospendere la legge, ha dato un chiaro segnale, anche in vista dell’atteso pronunciamento della Corte Suprema nazionale, previsto da ottobre, in merito a una legge del Mississippi che vieta l’aborto dopo 15 settimane.
Tra gli scontenti della nuova legge texana – com’era prevedibile – figura il presidente USA Joe Biden. Questa «legge estrema», ha dichiarato il capo della Casa Bianca in un comunicato, «viola il diritto costituzionale statuito dalla Roe vs Wade e crea un precedente dopo quasi mezzo secolo».
In questo modo, secondo Biden, il Texas imporrebbe «una significativa disparità d’accesso per le donne al servizio sanitario», in modo particolare per quelle «di colore» e «a basso reddito». Il presidente considera inoltre «oltraggiosa» la possibilità di denunciare gli aborti irregolari da parte dei privati cittadini.
In conclusione, l’amministrazione Biden si impegna a far rispettare il «diritto costituzionale stabilito dalla Roe vs Wade» nel 1973 e a «proteggere e difendere quel diritto».