29/08/2022 di Fabrizio Cannone

Il vento sta cambiando? Anche l’India si risveglia pro life

Le battaglie più decisive, come quelle per la tutela della pace, della vita e della famiglia (secondo natura), sono certamente universali. Proprio come i più autentici valori umani – la giustizia, la saggezza, la carità – i quali non hanno storia o geografia: sono eterni e senza confini.

Durante il mese di agosto – precisamente il 10 - nella lontanissima India si è tenuta la prima Marcia per la Vita, da quando il Medical Termination of Pregnancy Act 51 anni fa, nel 1971, ha legalizzato l’aborto. Sino al nono mese di gravidanza.

La Marcia si è svolta a Nuova Delhi ed è stata organizzata dalla Chiesa cattolica locale, in particolare dal movimento carismatico cattolico assieme all'arcivescovo di rito siro-malabarese Kuriakose Bharanikulangara della Diocesi di Faridabad. Con il sostegno di Deepak Valerian Tauro, vescovo ausiliare dell'arcidiocesi di Delhi e presidente della commissione cattolica pro-vita.

La manifestazione indiana ha avuto un tono forte e commosso perché secondo le stime ufficiali, rese note dalla Chiesa locale, “dal 1971, l'India ha visto circa 15,6 milioni di aborti ogni anno, avvicinandosi a un totale di 800 milioni di morti di nascituri”.

E’ facile notare che queste cifre da capogiro sarebbero sufficienti, probabilmente, ad azzerare l’inverno demografico e a contrastare efficacemente l’invecchiamento della popolazione, lamentati da anni dai più seri demografi del mondo. Chissà poi a quanti Mozart e Einstein indiani, e soprattutto a quante Montessori e Marie Callas non è stato concesso di vedere la luce, in nome di politiche improntate ad utilitarismo, eugenetica, pseudo liberazione della donna e soppressione delle nasciture, selettivamente scartate nel continente indiano, in nome della lotta alla sovrappopolazione.

Il vescovo Deepak Valerian Tauro, battagliero presule pro life, ha concepito la Marcia, conclusasi con una solenne messa in cattedrale, come una manifestazione di denuncia e di legittima rivendicazione della sacralità di ogni vita umana. Ma anche come “giorno di lutto” e di penitenza per le vittime dell’aborto legale.

Così, nella lettera scritta per la promozione della Marcia, monsignor Tauro dopo aver espresso “grande gioia ed esultanza per l'inversione di Roe vs Wade (legge sull'aborto) negli Stati Uniti d'America”, chiede ai sacerdoti di offrire la santa messa per le anime di tutte le vittime soppresse “nel grembo materno negli ultimi 51 anni nel nostro paese”.

La legalizzazione dell’aborto in effetti è un lutto di toccante intensità. Se le vittime indiane di quella funesta legislazione toccherebbero gli 800 milioni, a quanto ammonterà mai il genocidio silenzioso più immane della storia in tutto il mondo? Meglio forse evitare il conteggio.

Mentre in India si commemorano le vittime di una politica sbagliata, a Bruxelles Emmanuel Macron chiede di inserire il “diritto all’aborto” tra i principi intangibili dell’Unione europea! Dove sta qui la verità? Nell’estremo Oriente o nel cuore di quell’Europa che da secoli era considerata un faro della civiltà?

In ogni caso, la lettera del vescovo indiano riporta le toccanti parole di Madre Teresa di Calcutta, una delle donne più valorose del XX secolo. “Non dobbiamo sorprenderci quando sentiamo parlare di omicidi, di uccisioni, di guerra, di odio. Se una madre può uccidere il proprio figlio, cosa resta se non che ucciderci l'un l'altro?”

 

 

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