Su certi temi non si può essere tolleranti: è inammissibile che un’insegnante possa avere rapporti intimi con un allievo minorenne.
«È stata condannata a sei anni e sei mesi la pratese di 32 anni accusata di violenza sessuale su minore e violenza sessuale per induzione per aver intrattenuto una relazione con un ragazzino (oggi sedicenne) da cui ha avuto un figlio nell'agosto del 2018. A processo insieme a lei, c'era anche il marito (suo coetaneo) che è stato condannato a un anno e 8 mesi con l'accusa di alterazione di stato civile per aver riconosciuto il bambino pur sapendo che non era suo, secondo l'impostazione della Procura», leggiamo su La Nazione di Prato.
Purtroppo, solo in certi casi ci rendiamo conto del fatto che non si può banalizzare l’importanza di un rapporto sessuale. Esso coinvolge quanto si possiede di più intimo; pertanto, sradicarlo da un contesto di amore maturo e responsabile, che gli è proprio, comporta enormi rischi.
Il sesso non è un gioco e le vittime di violenza ne sanno qualcosa, purtroppo. Ecco perché è oggi più che mai di assoluta importanza non abbassare mai la guardia sul tema della pedofilia e dei suoi effetti devastanti sulla vita di tantissimi minori.
I ragazzi meritano di essere tutelati e protetti dalle tante minacce degli adulti che possono ledere la loro intimità. Bene, dunque, che susciti scandalo e profonda indignazione la relazione tra un adulto e un minore e che quest’ultimo venga difeso.
Fermo restando tutto ciò, un merito va riconosciuto all’insegnante: non aver abortito il bambino. L’aborto avrebbe potuto eliminare la “prova” di una relazione che mai sarebbe dovuta avvenire e forse anche evitarle la condanna, ma la “prova” in questione è un bambino, che non ha alcuna colpa, ed eliminarlo significa provocarne la morte.