21/03/2025 di Redazione

Kirsty Coventry nuova presidente del CIO. Svolta sugli atleti transgender per tutelare le donne?

Per la prima volta nella storia, una donna guiderà il Comitato Olimpico Internazionale. Ieri, 20 marzo 2025, durante la 144ª Sessione del CIO tenutasi in Grecia, l’ex nuotatrice olimpica Kirsty Coventry è stata eletta presidente del Comitato, superando subito al primo turno i rivali Juan Antonio Samaranch Jr. e Sebastian Coe. Con 49 voti su 97, Coventry è riuscita a imporsi come figura di rinnovamento e competenza e la sua elezione segna un passaggio storico: è la prima donna e la prima africana a ricoprire questo incarico nella storia del Comitato, che ha oltre un secolo di vita.

Una vita tra sport, medaglie e politica

Nata nel 1983 in Zimbabwe, Kirsty Coventry è conosciuta per essere una delle nuotatrici africane più titolate della storia: ha vinto sette medaglie olimpiche tra il 2004 e il 2008 (due ori, quattro argenti e un bronzo), portando il suo Paese ai vertici del nuoto internazionale. Dopo la carriera agonistica, è entrata in politica, ricoprendo il ruolo di Ministro dello Sport, della Cultura e del Patrimonio del suo Paese dal 2018. È membro del Comitato Olimpico Internazionale dal 2013 e ha maturato un’esperienza significativa nella diplomazia sportiva. Il suo profilo è quello di una donna pragmatica, rispettata per la sua determinazione e per la visione di uno sport più equo e accessibile, punti che aveva ben sottolineato al momento della sua candidatura alla presidenza.

Svolta sugli atleti transgender?

Uno dei temi più urgenti che Kirsty Coventry dovrà affrontare riguarda la partecipazione degli atleti transgender nelle competizioni femminili, un nodo che negli ultimi anni ha minato la credibilità e la giustizia delle competizioni sportive. Interrogata su questo punto, Coventry ha affermato: «È molto chiaro che le donne (ha utilizzato il termine “donne” ndr) transgender sono più avvantaggiate nella categoria femminile e possono togliere opportunità che dovrebbero essere equamente distribuite tra le donne». Una dichiarazione che, seppur non netta e non al 100% a favore dell’esclusione totale dei transgender dalle competizioni femminili, comunque mostra la consapevolezza di un problema reale e crescente che riguarda appunto le donne. Al contrario, i suoi colleghi del Cio nel recente passato hanno più volte visto la questione con il filtro dell’ideologia, ponendo la questione non dalla parte della tutela delle donne ma per una fantomatica “tutela” dei transgender e del loro altrettanto fantomatico “diritto” a dover gareggiare nelle competizioni femminili. Coventry ha inoltre annunciato l’istituzione di una task force all’interno del CIO per affrontare la questione in modo sistematico, in collaborazione con le federazioni sportive internazionali. L’obiettivo, secondo la neo-presidente, è stabilire criteri condivisi e scientificamente fondati, per garantire equità e tutela della categoria femminile, pur mantenendo il rispetto per tutti gli atleti. «Una volta presa una decisione collettiva – ha detto – il CIO la sosterrà con fermezza».

Cauto ottimismo, ma no a compromessi

Si potrebbe dunque salutare l’elezione di Kirsty Coventry con un cauto ottimismo, proprio per queste sue posizioni. Dopo anni in cui il CIO ha lasciato molto, troppo, spazio all’ideologia gender a discapito delle donne (e la nostra petizione popolare con oltre 24mila firme ne è una conferma) le parole della nuova presidente lasciano infatti ben sperare in una possibile inversione di tendenza. Una possibilità che, però, è ancora troppo flebile e che per diventare concreta non può e non deve lasciare spazio a nessun tipo di compromesso. La tutela della dignità - e della salute - delle donne è infatti troppo importante per accettare scorciatoie o zone grigie. Non possiamo infatti dimenticare episodi recenti come quello della pugile Imane Khelif, squalificata dall’AIBA ai mondiali di pugilato perché il suo corpo presentava livelli di testosterone incompatibili con quelli femminili, ma purtroppo ammessa alle Olimpiadi dal Comitato Olimpico Internazionale, dovea poi surclassato tutte le avversarie vincendo la medaglia d’oro. Oppure il caso di Lia Thomas, nuotatrice transgender che ha dominato molte gare femminili negli Stati Uniti, togliendo spazio e podi a ragazze biologicamente donne, mentre nelle competizioni maschili - prima della transizione - era un nuotatore molto mediocre. O ancora il caso dell’italiana Valentina Petrillo - atleta transgender nato uomo - che gareggia nelle competizioni femminili di atletica negli sport paralampici (essendo ipovedente). 

Le parole di Coventry – per quanto coraggiose – non sono però sicuramente abbastanza nette. Parlare di “vantaggi” non basta se poi si apre ad una qualsiasi, anche flebile, possibilità di compromesso. Occorre una presa di posizione chiara per escludere gli uomini biologici dalle competizioni femminili, senza ambiguità. Solo così si potrà tutelare davvero la dignità e l’equità nello sport.

 

 

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