11/01/2015

L’ eutanasia e il miracolo della vita

Contro l’ eutanasia , la storia straordinaria di Ivana Grasso, che, in coma, ha partorito e dopo quindici giorni si è risvegliata.

 Proponiamo ai nostri lettori questo articolo pubblicato sul mensile Notizie Pro Vita, che meritava di essere letto e merita di non essere dimenticato.

La vita è un miracolo che si ripete giorno dopo giorno. Purtroppo nella società odierna si sta finendo con il darla per scontata, nell’ottica superba di potere, in fondo, decidere in maniera autonoma della nascita e della morte. Se in parte questo processo di autodeterminazione circa il vivere sta facendo sempre più breccia – si pensi, a titolo d’esempio, all’aborto o alla fecondazione artificiale –, vi sono tuttavia ancora molti eventi che ci richiamano a guardare alla vita nella giusta prospettiva, di affidamento al Mistero.

Una storia esemplare in tal senso è quella di Ivana Grasso. La giovane donna, incinta della seconda figlia, al settimo mese di gravidanza è caduta in coma a causa di un aneurisma.

Ricoverata presso il reparto di Rianimazione dell’ospedale Garibaldi di Catania, il 16 marzo [2013 ndr] Ivana ha dato alla luce la piccola Rebecca Maria. La bambina, nata alla trentaduesima settimana grazie ad un taglio cesareo, si è mostrata fin da subito in ottima salute ed è stata posta nell’incubatrice esclusivamente a causa della sua prematurità.

Il far nascere un bambino mentre la madre è in coma è un evento che ha del sensazionale: sono noti altri casi simili occorsi negli ultimi anni, ma ogni storia ha un suo significato unico ed irripetibile.

Nella vicenda di Ivana Grasso, tuttavia, le sorprese non finiscono qui. Dopo due settimane di coma profondo, infatti, la giovane donna – che i medici davano per persa – si è risvegliata perfettamente guarita.

Si è di fronte ad un miracolo? Non sta a noi giudicare. Ivana ha raccontato che, mentre era in coma, parlava incessantemente con Giovanni Paolo II: “Appena mi sono addormentata lui si è seduto accanto a me e mi ha chiesto di pregare la Madonna. Ogni giorno mi abbracciava… poi mi ha detto che dovevo andare e di non smettere mai di pregare”. E ancora: “Abbiamo pregato per ore e ore, giorni e giorni, tutti i giorni… pregavamo insieme – racconta la donna – lui si sedeva accanto a me, sul letto, io sentivo la sua mano sulla mia fronte… è stato lui, papa Wojtyla, a salvarmi; lui ha salvato prima la mia bambina e poi me”.

Dopo circa un mese di ospedale Ivana è stata dimessa, e alla domanda dei giornalisti che le chiedevano come l’esperienza appena vissuta l’avesse cambiata ha risposto: “Mi ha cambiato la vita. Io non sono stata fortunata, ma graziata. L’equipe ha lavorato su di me ma sono convinta che il Signore ha lavorato su di loro affinché tutto andasse per il verso giusto. Quella che ho vissuto la considero l’esperienza più brutta della mia vita, ma nello stesso tempo la più bella perché ho sentito tanto la presenza di Dio, l’affetto della mia famiglia e dei miei fratelli con cui condivido il cammino verso il rinnovamento dello spirito. Il prossimo 24 giugno difatti andrò a Medjugorje”.

Dalla storia di Ivana si possono trarre diversi insegnamenti. In primo luogo riguardo al mistero della vita, di fronte alla quale occorre porsi con atteggiamento umile, in quanto tutto è un dono. In seconda battuta, questa vicenda pone in chiara luce come la scienza e la medicina possano essere concepite come strumenti a servizio della vita. Da ultimo, per i credenti, questa storia comprova il valore della preghiera: “Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto” (Mt 7, 7).

Giulia Tanel

 Tratto da NotizieProVita n.7 – Luglio/Agosto 2013 – Pag.7

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