La Buona Notizia di oggi ci viene regalata grazie alla testimonianza di Morgan Hill, una ragazza che ha deciso di raccontare – in un articolo di National Right to Life News – la storia travagliata, ma a lieto fine, della sua vita.
Impantanata in una relazione extraconiugale che voleva a tutti i costi tenere segreta, la madre di Morgan Hill la concepì e diede alla luce di nascosto, nella vasca da bagno della sua casa, mentre il marito era a lavoro ed il figliastro a scuola.
Aveva paura e non sapeva come gestire la difficile situazione. Così, in una fredda sera dell’ottobre 1995, dopo averle dato da mangiare la avvolse in un asciugamano e si mise con lei in macchina senza meta.
Confusa ed annebbiata dalla preoccupazione, decise di avvolgerla in un sacco dell’immondizia e gettarla in un cassonetto dei rifiuti situato di fronte ad un centro medico dell’Illinois. La vita della piccola sarebbe potuta volgere al termine di lì a poco, se Rocky Hyatt non avesse sentito i suoi vagiti.
L’operaio edile, che stava gettando via alcuni detriti, portò immediatamente il sacco nell’ospedale, dove un infermiera scoprì che si trattava di una bambina. Il padre biologico, venuto a conoscenza di quanto accaduto, immediatamente intraprese una battaglia per ottenerne la custodia ma, essendo un padre single, optò per affidarla ad una coppia di sposi di cui si fidava.
Hill crebbe sapendo di essere stata adottata, ma solo a 18 anni le furono rivelate le vicende legate alla sua nascita. Con l’aiuto dei genitori adottivi, riuscì così a mettersi finalmente in contatto con i primi soccorritori che le salvrono la vita e con il padre biologico.
Ora è una sostenitrice delle leggi Safe Haven, che ancora non erano in vigore in tutti gli Stati, quando lei nacque, e che dal 1999 hanno salvato la vita di oltre 3.527 neonati.
Nonostante ciò, questo febbraio – racconta Hill – cinque neonati sono stati trovati senza vita in un cassonetto, per cui – conclude – c’è ancora molto lavoro da fare per mettere a conoscenza le donne della possibilità di partorire in anonimato, lasciando il figlio in un posto sicuro, piuttosto che abortirlo o lasciarlo morire.
«Se la mia storia salva almeno una vita», si augura Hill, «vale sicuramente la pena di raccontarla».
Luca Scalise
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