15/05/2023 di Giuliano Guzzo

La copertina dell’Espresso e le solite banalità (e falsità) abortiste

In Italia l’aborto è sotto attacco. È questa, al di là della copertina choc e blasfema (che riprende la stessa, famigerata, del 1975) dalla sua ultima edizione, la tesi che il settimanale L’Espresso ha deciso di proporre, anzi di riproporre – dato che non si può certo definire nuova – ai suoi lettori. Il servizio di copertina, che va da pagina 26 a pagina 37, ha come «filo rosso» un compleanno: quello della legge 194 del ’78. Una ricorrenza che, secondo la rivista progressista per antonomasia, quest’anno si celebra in un clima difficile, anzi di minaccia stessa di questa norma.

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Una minaccia rappresentata dalla «destra» al governo che «non affonda il colpo ma gioca per sottrazione. Smentisce l’evidenza di medici obiettori che sabotano la legge. E studia come limitare la Ru-486». In altre parole, sarebbe in corso, secondo L’Espresso, un «attacco ai diritti» che non ha «il passo pesante da King Kong» ma «la sottigliezza dell’ambiguità, è subdolo come lo svolazzare di un pipistrello» (p.28). Segue una descrizione a tinte fosche della compagine di governo, che sarebbe pericolosamente «contaminata» dai pro life e condizionata dal fatto che «dal 2013, cioè dalle prime mobilitazioni contro il gender, si è assistito alla crescita esponenziale di una parte delle associazioni nate all’interno del mondo della Marcia per la Vita, come Pro-Vita ad esempio, nello spazio pubblico».

Il lettore viene poi accompagnato in una lettura molto parziale della compagine pro life italiana, presentata come «evoluzione dei gruppi anti-scelta» (p.31). A seguire, si parla – ovviamente in termini assai critici – dei «funerali dei feti. La provocazione dei conservatori» (p.34) e di come nel nostro Paese la legge 194 «non si tocca, ci viene detto. Non direttamente, certo, ma si accerchia e ovunque», per esempio con i «”Fondi vita nascente” che permettono l’ingresso di associazioni antiabortiste nei consultori» (p.37). Ognuno dei sei articoli che compongono questo speciale sui 45 anni dell’aborto legale in Italia, va da sé, meriterebbe un approfondimento specifico.

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C’è però un filo rosso, a ben vedere, che accomuna queste pagine del settimanale, ed è il seguente: la rabbia progressista per la mobilitazione di un mondo pro life vitale e operativo sul territorio italiano. Un mondo pro life che, contrariamente a quello che scrive L’Espresso, non è diviso ma semplicemente opera su più fronti, con il Movimento per la Vita attivo soprattutto, anche se non solo, sul versante operativo e di assistenza attraverso i centri di aiuto alla vita e le culle per la vita – strumenti formidabili tornati felicemente di attualità, dopo alcuni casi di bambini salvati nelle scorse settimane – e con altre realtà, Pro Vita & Famiglia in primis, che a loro volta curano formazione e comunicazione di istanze – ma anche iniziative concrete come “Un Dono per la Vita” - diversamente censurate dai grandi media.

Una ulteriore annotazione, inoltre, meritano due aspetti. Il primo riguarda l’impegno a prevenire l’aborto, che è la stessa osannata legge 194 a stabilire, là dove afferma che «Il consultorio e la struttura socio-sanitaria […] hanno il compito in ogni caso, e specialmente quando la richiesta di interruzione della gravidanza sia motivata dall’incidenza delle condizioni economiche, o sociali, o familiari sulla salute della gestante, di esaminare con la donna e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto della dignità e della riservatezza della donna e della persona indicata come padre del concepito, le possibili soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza» (art.5). Chiaro? La donna che vive una gravidanza difficile o indesiderata «in ogni caso» va sostenuta affinché possa fare un’altra scelta.

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Infine, merita di essere pure ricordato che è sempre la legge 194 non solo a nominare vagamente, bensì a prevedere in modo chiaro una disciplina sull’obiezione di coscienza, là dove afferma a chiare a lettere che «il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure di cui agli articoli 5 e 7 ed agli interventi per l’interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione» (art.9). Lungi da chi scrive, ovviamente, presentare la legge 194 come una norma pro life o semplicemente accettabile, intendiamoci. Tuttavia, dei riferimenti e degli spunti per sostenere la gestante tentata di abortire – e lo stesso personale obiettore – questa legge li dà.  E la vera notizia, a questo punto, è che 45 anni dopo gli autoproclamati paladini di questa norma, a quanto pare, non hanno ancora trovato il tempo per leggerla tutta.

 

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