La Disney – diciamolo subito, ormai non nuova alle istanze arcobaleno - alla fine ha ceduto e, dopo l’iniziale rimozione di un bacio gay tra due donne, alla fine è tornata sui suoi passi ripristinando la scena all’interno del film d’animazione “Lightyear - La vera storia di Buzz”, la cui uscita in sala è prevista per il prossimo 17 giugno.
Un vespaio di polemiche, infatti, si era scatenato dopo questa decisione, nonostante nella trama non fosse stata cancellata la storia d’amore tra le due donne. Un gruppo di dipendenti pro-Lgbqt della Pixar, l’azienda di proprietà della Disney autrice del film, avrebbe denunciato che «per ordine dei vertici, quasi ogni manifestazione di affetto gay viene censurata senza tener conto di eventuali proteste da parte dei team dei creativi e della leadership». La Pixar era stata addirittura in un primo momento accusata di voler introdurre pochissimi personaggi gay nei suoi lungometraggi animati: l'ultimo, lo ricordiamo, risale al 2020 e fu in "Onward" in cui una poliziotta con un occhio solo, in un suo discorso, fa riferimento alla "sua ragazza". Un elemento che può sembrare trascurabile, ma evidentemente, per la sensibilità dei bambini, non lo è affatto, se pensiamo che il film è stato vietato in diversi paesi arabi e al posto di “ragazza” è stato inserita la dicitura “partner”.
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Un’accusa che però è subito caduta, proprio perché ormai la Disney si è ben allineata ai dogmi Lgbt, non solo con la presenza di personaggi e cartoni animati dichiaratamente omosessuali, ma anche con varie iniziative arcobaleno, una su tutte la parata “rainbow” nel parco divertimenti Disneyland oppure l’eliminazione, sempre all’interno di uno dei parchi a tema, del saluto a “signore e signori” con la scusa dell’inclusività di genere oppure, come se non bastasse, i contenuti “arcobaleno” su Disney+. Sempre nel 2020, inoltre, nel cortometraggio, sempre della Pixar, intitolato 'Out', veniva raccontata la storia di un uomo con orientamento omosessuale che lotta per riuscire a fare coming out con i suoi genitori.
Insomma, tutt’altro che censura, soprattutto se pensiamo – altro elemento che fa riflettere – che dallo scorso dicembre la nuova presidente della Disney è Susan E. Arnold, nota attivista Lgbt. Forse, dunque, la Disney dovrebbe intraprendere un percorso decisamente opposto, ovvero quello di mostrarsi – come un tempo – davvero rappresentativa delle milioni di famiglie e altrettanti bambini che scelgono i suoi cartoni animati perché rispecchiano i valori dell’infanzia e non le ideologie di una ristretta lobby.