Una blogger svedese, Tanja Bergkvist, si domanda fino a che punto la follia gender possa arrivare nel suo Stato. Così crea un video che ha avuto così tanto eco da esser intervistata dai media locali.
La protagonista, blogger per hobby e dottorata in matematica, incontra militanti del partito femminista svedese che le spiegano come sia necessario decostruire il concetto di mascolinità negli uomini e mostrare un nuovo modo di essere uomo, rappresentato dallo splendido sponsor dell’ideologia gender del movimento, un uomo vestito da capo a piedi di rosa, calzini compresi.
Riporta, poi, la teoria elucubrata da scienziati filo gender che lamentano l’eccessiva importanza concessa all’idea che gli spermatozoi siano attivi mentre gli ovuli subiscano la fecondazione –da cui deriverebbero tutti gli stereotipi di femminile e maschile-.
Ampio capitolo è riservato all’educazione: sin dall’asilo, infatti, la scuola in Svezia ha responsabilità legale sul tema delle ” gender equality “. Per questo motivo le maestre seguono un programma finalizzato alla repressione degli stereotipi. “E’ importante” afferma una docente intervistata “non fare quello che mia madre ha fatto con me.”
La scuola, secondo questa teoria, deve abituare i bambini ad essere quello che vogliono e ad amare chi credono meglio: una persona, un animale, un qualcosa a distanza, una persona dello stesso sesso od unicamente se stessi.
Il grande strumento pedagogico utilizzato? Fermare i piccoli alunni e far uscire le bambine in cortile per prime...
Nella logica gender tutto viene codificato per genere: un gioco è troppo femminile, uno troppo maschile (ed esiste un Dipartimento che ne fornisce una specifica etichettatura per sesso).
Com’è possibile? Semplicemente perché in Svezia si spendono denari pubblici per analizzare il sostrato gender nei singoli oggetti. Esempio ne sono i 70.000 € investiti per comprendere se la tromba è uno strumento musicale gender equality o meno…
Una vera e propria follia, che la blogger ha deciso di denunciare perché –come dice lei- la nonna avrebbe trovato tutto questo pazzesco. C’è chi, a differenza della maestra che fa del disconoscere l’educazione familiare ricevuta un vero e proprio orientamento pedagogico, ritiene invece importante dare continuità alla cultura del buonsenso.
Marika Poletti