Benedetto Rocchi, Presidente dell’OPA, Osservatorio Permanente sull’Aborto, ribadisce un dato di realtà che viene costantemente mistificato dalla propaganda ideologica abortista: la legalizzazione dell’aborto non è vero che fa diminuire il numero di aborti. Anzi, è vero il contrario.
Il mito che la legge 194 farebbe diminuire gli aborti.
Il dibattito sull’aborto volontario in Italia è stato sempre distorto da un uso spregiudicato dei dati da parte di chi ha sostenuto il “diritto di scelta”. Negli anni ’70 si diffondevano numeri palesemente infondati sulle donne morte di aborto clandestino per chiedere la legalizzazione dell’aborto. Questo pessimo giornalismo continua ancora oggi. Un esempio è l’articolo apparso su Domani il 22 maggio scorso, per promuovere le pratiche di aborto “fai-da-te” che peraltro sono una nuova forma di aborto clandestino.
Cifre sparate a caso.
Eleonora Cirant va oltre ogni immaginifica cifra spacciata per vera negli ultimi quaranta anni e afferma che «…nel 1978. … di aborto non legale morivano, secondo le stime di allora, da uno a tre milioni di donne l’anno», quando l’annuario di Statistiche Demografiche dell’Istat quantificava per il 1978 un totale dei morti (maschi più femmine) per qualsiasi causa è pari a 540.671.
Un’altra “illusione statistica” supportata da una lettura affrettata quando non tendenziosa dei dati è quella che vorrebbe che la legge che ha reso l’aborto legale faccia diminuire il numero di aborti. Questo argomento in difesa della 194 è ovviamente molto diffuso tra i pro choice ma salta fuori anche in contesti inaspettati e sicuramente a favore della vita nascente. Un esempio recente proviene da Firenze dove il giornalista Duccio Moschella, in un libretto dedicato a Maria Cristina Ogier, giovane donna dichiarata venerabile il 20 maggio 2023 da papa Francesco per avere vissuto con fede e carità esemplari la sua breve vita segnata dalla malattia (https://www.mariacristinaogier.com), a pagina 14 scrive: «… è dimostrato che l’entrata in vigore della legge 194/78 abbia ridotto in maniera sensibile, e non fatto aumentare come le si imputava, il numero di aborti e soprattutto difeso la salute delle donne convinte in ogni caso ad andare fino in fondo nella loro decisione tenendole lontane dagli ambulatori clandestini». Le parole pesano dal momento che a Maria Cristina Ogier è intitolato il Centro di Aiuto alla Vita di Firenze, il primo nato in Italia.
Nessuno ha mai dimostrato che la legalizzazione dell’aborto abbia «ridotto in maniera sensibile … il numero di aborti».
Anzi ci sono ottime ragioni per pensare, viceversa, che li abbia fatti aumentare. Le incaute parole di Moschella riecheggiano purtroppo la menzognera propaganda sugli aborti clandestini che la legge avrebbe evitato. Anche senza arrivare alle iperboliche cifre sparate su Domani, all’epoca del dibattito sulla legalizzazione venivano presentate come attendibili stime comprese tra un milione e mezzo e due milioni di aborti clandestini all’anno, con tra 20 e 25 mila le donne morte per le precarie condizioni in cui gli aborti venivano realizzati. Cifre scritte nero su bianco negli atti parlamentari (come nella proposta di legge n. 3692 del 15/10/1971 presentata alla Camera dall’onorevole Brizioli e altri colleghi) e riprese ripetutamente grandi organi di stampa (ad esempio: Il Giorno, 7/9/1972; Corriere della Sera 10/9/1976). Erano assurdi anche quei numeri. Solo per fare un esempio, l’Annuario di Statistiche Demografiche pubblicato da Istat riportava per l’anno 1974 un totale di 8.748 donne in età fertile (da 14 a 45 anni) morte per qualsiasi causa. In base alla popolazione femminile dell’epoca è stato calcolato che per avere due milioni di aborti clandestini all’anno, la metà delle donne avrebbe dovuto abortire in media più di 5 volte durante la vita riproduttiva.
Chi è disposta ad abortire clandestinamente rinuncerebbe al proposito se l’aborto è legale?
Che la legalizzazione faccia diminuire gli aborti volontari, a pensarci bene, è una singolare teoria. Per quale motivo l’eliminazione degli ostacoli a compiere quello che in precedenza era un reato, con la possibilità di minimizzare i rischi sanitari, dovrebbe indurre ad un ripensamento donne giunte a considerare la possibilità di sopprimere la vita del loro bambino e che in assenza della legge avrebbero abortito clandestinamente?
Con la legalizzazione gli aborti sono quasi triplicati.
Ma anche trascurando questa ovvia considerazione, abbiamo in ogni caso elementi che ci permettano ancora oggi di affermare che la legalizzazione dell’aborto abbia effettivamente fatto diminuire il numero totale di aborti? In realtà ci sono evidenze che spingono a pensare il contrario. Uno studio rigoroso sul presumibile numero di aborti clandestini prima dell’approvazione della legge, condotto da tre demografi dell’Università di Padova (Colombo B. 1977. La diffusione degli aborti illegali in Italia. Milano, Vita e Pensiero) li quantificava in non più di 100.000 all’anno. Nei primi anni di applicazione della legge 194 gli aborti legali sono rapidamente arrivati a superare quota 230.000 (nel 1982).
Non conta il numero totale di aborti, conta il tasso di abortività.
Per quanto riguarda la tendenza decrescente osservata negli anni successivi, è necessario innanzitutto osservare che la diminuzione in valore assoluto degli aborti (rappresentata ad esempio in un grafico a barre pubblicato sulla Verità del 27 aprile) è un dato fuorviante perchè sconta l’effetto dei trend demografici complessivi, che hanno portato ad una riduzione numerica delle donne in età fertile, e quindi anche delle potenziali gravidanze e aborti. È più corretto guardare ad un indicatore come il tasso di abortività volontaria totale, pubblicato annualmente da Istat, cioè la percentuale di donne che nel corso dei loro anni fertili abortiscono almeno una volta. Dopo un picco iniziale che ha portato l’indice sopra il 50% (un’ulteriore conferma, se ce ne fosse bisogno, di come la legalizzazione abbia con ogni probabilità, fatto crescere il numero di aborti totali rispetto alla “clandestinità”), a partire dagli anni ’90 il tasso si è assestato per un lungo periodo intorno al 30% e solo nell’ultimo decennio ha registrato un ulteriore calo (nel 2020 si aggirava intorno al 20%, una percentuale comunque impressionante).
L’Istat non tiene conto degli aborti precoci.
Riguardo a questa ulteriore tendenza alla diminuzione bisogna però considerare che l’Istat calcola gli indicatori di abortività rilevando solo le procedure abortive autorizzate nel Sistema Sanitario Nazionale. Ma dal 2006 sono autorizzati in Italia anche i cosiddetti “contraccettivi di emergenza”, le pillole che si prendono dopo il rapporto sessuale a rischio e che, in una certa percentuale di casi svolgono un’azione abortiva, impedendo all’embrione già concepito, nelle primissime fasi della sua vita, di annidarsi nell’utero materno.
Restano gli aborti clandestini.
Inoltre, come sottolineano dalle stesse relazioni al Parlamento del Ministro della Salute, rimane stabile il fenomeno dell’aborto clandestino (le stime dell’Istat più recenti parlano di circa 10.000 casi l’anno), accanto al quale si sono diffuse pratiche di aborto “fai da te” sia utilizzando la RU486 (con Domani che spiega con dovizia di particolari come procurarsela sul web) che mediante l’uso di farmaci ad altro destinati. È il caso del Cytotec, un farmaco per l’ulcera, che può essere usato per indurre l’aborto.
Perché aumentano gli aborti “spontanei” tra le giovanissime?
L’aumento di queste forme di aborto è confermato indirettamente dalla crescita nel tempo del tasso di abortività spontanea, soprattutto tra le giovanissime, a partire dagli anni ’90, anche questo un fenomeno regolarmente registrato dalle statistiche ufficiali dell’Istat. Considerando tutti questi aspetti l’Osservatorio Permanente sull’Aborto, nel suo secondo Rapporto , ha mostrato come in base a calcoli molto prudenziali si possa affermare che il tasso di abortività reale, a differenza di quello ufficiale, è rimasto sostanzialmente stabile negli ultimi decenni.
L. 194/78: una legge indifendibile.
L’affermazione sull’efficacia della legge 194 nel diminuire gli aborti è dunque come minimo poco fondata: la legge 194 è indifendibile come mezzo di prevenzione dell’aborto. Una ragione in più per continuare la battaglia politica per la sua abrogazione. Senza dimenticare che, al di là di qualsiasi numero, si tratta di una doverosa battaglia per la giustizia: per il diritto alla vita di ciascun bambino non ancora nato, “uno di noi”.
Oggi che possiamo vedere quanto la legalizzazione abbia contribuito all’accettazione sociale dell’aborto, con le sue motivazioni spesso eugenetiche; oggi che vediamo quanto la legalizzazione di fatto dell’eutanasia sia figlia di quella stessa mentalità; oggi comprendiamo meglio la duplice battaglia di chi fece nascere il popolo pro vita in Italia, una battaglia politica e sociale, contro la legge 194 e creando un volontariato a favore della vita.
Ancora oggi, come allora, sarebbe un’illusione pensare di combattere l’aborto legale senza chiedere l’abrogazione della legge. L’abolizione del diritto di aborto in Italia rimane il primo e fondamentale obiettivo di chi davvero vuol essere prolife.
Contenuto a cura di Benedetto Rocchi, già pubblicato sul sito dell’Osservatorio Permanente sull’Aborto.