23/04/2021 di Manuela Antonacci

«La mia battaglia in difesa dei bambini», il nuovo libro su don Fortunato Di Noto

Un nuovo libro, dedicato all’importante lavoro di don Fortunato Di Noto, fondatore della onlus Meter, è in uscita in questi giorni. Si tratta del volume, edito dalle edizioni Paoline, firmato da Roberto Mistrett: “La mia battaglia in difesa dei bambini”. Possiamo definirlo un libro-documentario che illustra in modo puntuale la storia e l’attività di don Fortunato, da molti anni in prima linea nella lotta alla pedofilia e alla pedoporngrafia, soprattutto online. Ne abbiamo voluto parlare col diretto interessato.

 

Don Fortunato, come nasce l’idea di questo libro? Un libro su di te ma l’autore non sei tu...

«In realtà, io mi sono molto imbarazzato, perché, in generale, quando si scrive un libro su una persona, si tratta di una persona che non c’è più. Ma con Roberto Mistretta, ci siamo conosciuti una ventina di anni fa, lui è uno scrittore di rilievo, molto conosciuto all’estero, oltre che in Italia, vincitore del Premio Tedeschi, aveva scritto anche la serie de “Il maresciallo Bonanno” un carabiniere di un paesotto siciliano, che, nel romanzo si era occupato di fatti di pedofilia. Quindi sapendo di me, mi aveva chiesto di scrivere una prefazione e da lì è nata un’amicizia. Lui è il biografo di don Pino Puglisi e di Rosario Livatino, non è uno scrittorino. Un giorno, parlando del più e del meno, mi chiese di trascorrere alcuni giorni da me. Così è avvenuto e, con la sua maestria, ha preso appunti, registrazioni, ha vissuto dove abito io, la mia parrocchia, la mia realtà di Meter, è venuto a Pachino, ha parlato con gli operatori, gli psicologi, è stato con noi. Questo suo lavoro è durato due anni e ha voluto raccontare questo prete innamorato di Gesù Cristo, come mi ha definito lui, che ha dato la sua vita per i prediletti di Gesù

Viene data anche la parola alle vittime di violenza, nel libro, giusto?

«Sì, certo, alla fine, sono state raccolte le storie, raccontando il dramma delle vittime, della solitudine e la speranza che hanno trovato quando hanno bussato a Meter e le abbiamo accolte, ascoltate, accompagnate e sono ora parte della nostra grande famiglia. La nostra realtà, la mia vita, infatti, è proprio raccogliere, curare, mettermi sulle spalle le vittime degli abusi sessuali di pedofilia».

Ho letto che si fa riferimento anche alla pedofilia nella Chiesa, un argomento scottante…

«Sì, certo: noi dobbiamo capire un fatto, trent’anni fa un prete, nella chiesa cattolica, si è occupato di pedofilia, la domanda che dobbiamo forse porci è chi trent’anni fa si occupava di pedofilia, da prete? Sono stato una voce che gridava nel deserto, non è che all’inizio mi abbiano accolto a braccia aperte i vertici, perché vedevano strana questa figura di un prete del sud che faceva questo. In quel capitolo, oltre a riannodare l’impegno della Chiesa contro gli abusi, la tolleranza zero di Francesco, l’accompagnare le vittime, a illustrare i documenti, c’è un capitoletto intitolato “Chi si macchia di queste cose, per me, non sono confratelli”. Posso chiamarli io preti? Confratelli miei? C’è anche un excursus molto dettagliato di ciò che la Chiesa ha iniziato e sta continuando a fare con fatica, ma con una prospettiva di speranza e di luce per le vittime, affinché non accada mai più».

C’è qualche aspetto di quello che è ha scritto Roberto Mistretta che vuoi sottolineare?

«Sì, l’aspetto prettamente spirituale: io ho potuto affrontare questa grande avventura dolorosa, solo perché ho la fede. Non è possibile affrontare tutto questo senza la fede in Gesù Cristo, morto e risorto. Quindi la fede e l’Eucaristia sono fondamentali nella mia vita. Racconto un episodio molto bello: quando ho fatto la prima comunione, 51 anni fa, magari non capivo, nell’immediatezza nulla, ma, credimi, da quel giorno, ad oggi, non ho mai mancato all’Eucaristia, tutti i giorni. È l’Eucaristia che mi dà la forza. Se non vedessi Gesù Cristo, nell’Eucaristia e non vedessi, nei bambini, i prediletti del Signore, non potrei fare tutto questo. Io sono convinto che la Chiesa si riformerà partendo dai bambini. Se noi non partiamo dai bambini, non ci sarà mai una vera riforma. Il Catechismo della Chiesa Cattolica, alla domanda “Chi sono i prediletti di Gesù?” risponde “I poveri, i bambini, i nemici e i lontani” e forse questo lo dimentichiamo, perché non lo diciamo mai. Allora io vorrei una Chiesa povera, di bambini, una Chiesa “bambina”».

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