07/01/2013

La pace non è un sogno: è il rispetto della vita

Dalla Giornata mondiale per la Pace del 1 Gennaio alla  Giornata nazionale per la Vita del 3 Febbraio: un mese di grazia

Ogni anno nuovo porta con sé l’attesa di un mondo migliore. In tale prospettiva, prego Dio, Padre dell’umanità, di concederci la concordia e la pace, perché possano compiersi per tutti le aspirazioni di una vita felice e prospera”: questo l’augurio che tutte le donne e gli uomini di buona volontà si sono scambiati nei giorni scorsi per i propri cari, per sé, per il proprio lavoro, per la società. Questo l’augurio con cui Benedetto XVI ha esordito nel Messaggio della Giornata mondiale per la Pace del 1 Gennaio 2013.

Non c’è biglietto d’auguri migliore di quello con cui ci si scambiano auspici di pace, concordia e prosperità. Ma troppo spesso anche le donne e gli uomini di buona volontà si augurano reciprocamente questi doni, timorosi, in cuor loro, che siano solo sogni, che tutto ciò in realtà non sarà mai possibile, che spesso sono belle parole di circostanza, magari nutrite da affetto, che però non portano con sé germi di concreta verità. “Tuttavia” – prosegue Benedetto XVI – “le molteplici opere di pace, di cui è ricco il mondo, testimoniano l’innata vocazione dell’umanità alla pace. In ogni persona il desiderio di pace è aspirazione essenziale e coincide, in certa maniera, con il desiderio di una vita umana piena, felice e ben realizzata. In altri termini, il desiderio di pace corrisponde ad un principio morale fondamentale, ossia, al dovere-diritto di uno sviluppo integrale, sociale, comunitario, e ciò fa parte del disegno di Dio sull’uomo. L’uomo è fatto per la pace che è dono di Dio”.

Il desiderio della pace è un “principio morale”: “l’etica della pace è etica della comunione, della condivisione”, è il sentirsi parte della “famiglia umana” dove, però, contrariamente allo spirito soggettivista e pragmatico contemporaneo, “la misura non è creata dall’uomo, bensì da Dio”. Il desiderio della pace è, però, un principio morale non individualista che si deve tradurre, quindi, nello “sviluppo integrale, sociale e comunitario”: “La pace è principalmente realizzazione del bene comune delle varie società, primarie ed intermedie, nazionali, internazionali e in quella mondiale. Proprio per questo si può ritenere che le vie di attuazione del bene comune siano anche le vie da percorrere per ottenere la pace”.

Chi sono, allora, gli Operatori di pace?Veri operatori di pace sono coloro che amano, difendono e promuovono la Vita umana in tutte le sue dimensioni: personale, comunitaria e trascendente. La vita in pienezza è il vertice della pace. Chi vuole la pace non può tollerare attentati e delitti contro la vita”. Chi fugge dalle responsabilità, chi svilisce la persona umana, chi auspica o consente l’uccisione di un innocente e della vita fragile, anche se proclama di volere la pace, anche se propone solennemente di lavorare al servizio dell’uomo, offre soltanto illusioni e vie false di sviluppo. L’operatore di pace è operatore di Vita. Dalla tutela di quella più debole e indifesa, passando per il ruolo spirituale e sociale della struttura matrimoniale fra un uomo e una donna, lavorando alla protezione del diritto-dovere al lavoro e al contributo che ciascuno di noi deve alla società, fino alla libertà religiosa e alla creazione di un nuovo modello di economia e di sviluppo.

“Generare la vita vince la crisi”: così il titolo e il pensiero conduttore del Messaggio della Conferenza Episcopale Italiana per la Giornata nazionale della Vita del prossimo 3 Febbraio. L’esperienza comune e la cultura diffusa portano tutti al medesimo approdo: “Abbiamo bisogno di riconfermare il valore fondamentale della Vita, di riscoprire e tutelare le primarie relazioni tra le persone, in particolare quelle familiari, che hanno nella dinamica del dono il loro carattere peculiare e insostituibile per la crescita della persona e lo sviluppo della società”.

La pace, allora, “non è un sogno, non è un’utopia: è possibile”: siamo tutti operatori di pace. Dai più piccoli “pensieri, gesti, parole di pace”, passando per le istituzioni culturali e universitarie che formano le “nuove generazioni di leader” fino alle proposte di serie politiche di sviluppo, di tutela della famiglia e della Vita nascente e morente, siamo tutti inseriti in quell’opera di “pedagogia della pace” non più e in realtà mai riservata ad alcuni, ma a tutti. “È un lavoro lento” – sottolinea il Pontefice – “perché suppone un’evoluzione spirituale, un’educazione ai valori più alti, una visione nuova della storia umana”. Ma chi di noi, se richiesto, rinuncerebbe alla Vita? Chi vorrebbe rinunciare, allora, ad un compito, solidale e condiviso, così nobile e alto?

«Le parole sono insufficienti” – rispondeva Benedetto XVI ad una coppia provata dalla crisi economica lo scorso lo scorso Giugno alla Festa della Testimonianza durante l’Incontro mondiale delle famiglie – “Che cosa possiamo fare noi?” Possiamo fare molto: attraverso educazione, consapevolezza, formazione, dono, rinuncia, solidarietà, comunione. “Questa è la via del futuro sostenibile” – termina la CEI nel Messaggio per la prossima Giornata per la Vita – “questa è una scelta impegnativa, ma possibile”.

Noi possiamo fare ancora, insieme, il molto che non abbiamo mai fatto.

di Federica Mancinelli

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