In gioventù ci avevano promesso prosperità sicurezza. Ora, da vecchi, ci troviamo ad affrontare la rovina e fallimento.
L’invecchiamento globale deve essere considerato come uno dei problemi principali odierni, con risvolti durissimi per tutta l’umanità.
Il tasso di “natalità di sostituzione”, il rapporto tra nuove nascite e decessi, è decisamente deficitario e preoccupante: stiamo invecchiando e praticamente nessuno è pronto. Non sono pronti i paesi ricchi ma nemmeno quelli in via di sviluppo. Le donne hanno, in media, meno di due figli a testa ed il trend è in drastica discesa.
Contrariamente a quanto si pensa, avendo da sempre puntato l’accento sull’invecchiamento della popolazione degli stati ad economie avanzate, sono i paesi poveri a dover pagare uno scotto maggiore per questo fenomeno. L’allarmante appello viene dal gruppo HelpAge International che individua un pericolosissimo rischio nella mancanza di risorse finanziarie per poter mantenere programmi pensionistici e di sostegno sanitario indispensabili per mantenere una popolazione sempre più necessitante di assistenza. Oltre a questo, i paesi in via di sviluppo sono quelli maggiormente colpiti dalle politiche di pianificazione familiare e controllo delle nascite.
HelpAge nella sua relazione indica come entro il 2050, a fronte di un trend demografico immutato, il 20% della popolazione avrà più di 60 anni, dato la cui gravità si evidenza se si pensa che attualmente la percentuale si attesta sull’11%.
La sfida demografica e la lotta all’invecchiamento globale deve divenire, quindi, un punto esiziale dell’agenda per lo sviluppo che andrà a costituire gli Obiettivi del Millennio nel 2015. Questo è anche il pensiero delle Nazioni Unite che iniziano a considerare pressantemente la necessità di intervenire sulla questione, con un occhio di riguardo nei confronti dei paesi in via di sviluppo il cui tasso di invecchiamento supera di molto quello di sviluppo economico.
In un recente rapporto della Deutsche Bank il noto economista Sanjeey Sanyal sottolinea come l’invecchiamento combinato con un sensibile miglioramento della salute individuale porterà a registrare una percentuale sempre più elevata di forza lavoro anziana. Pensiamo a cosa ciò possa andare a comportare per i paesi in via di sviluppo dove la forza lavoro non brilla di particolare specializzazione: questi stati registreranno una pesantissima difficoltà competitiva di mercato.
Contando, inoltre, che pure gli Stati Uniti di qui ad un paio di decenni non riusciranno più a far fronte al peso della spesa sociale derivante dall’invecchiamento e che, conseguentemente, subiranno in prima persona i risvolti negativi di questo trend, è interesse di tutti conoscerlo e promuovere un disegno politico atto a governarlo.
E la soluzione non può nemmeno essere considerata quella di una sempre maggior apertura nei confronti dell’eutanasia, aspetto su cui tutti sembrano essere d’accordo. L’introduzione nei vari ordinamenti giuridici della cosiddetta “dolce morte” non solo non è una risposta al problema dell’invecchiamento globale ma, di suo, è da considerarsi come un’aberrazione, etica quanto legale.
Redazione
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