Ad aprile 2022 Giulia scopre di essere incinta. Una bella notizia offuscata da uno stato di salute precario: la forte oppressione toracica e l’edema di collo e viso, le fanno sospettare di avere un brutto male. Fa una risonanza magnetica e scopre una massa nello spazio tra cuore e polmoni. Scopre di avere quindi un linfoma non Hodgkin allo stato avanzato. Erano 15 le settimane di gravidanza, non c’era il tempo di aspettare il parto per sottoporsi a delle cure. Le terapie che doveva intraprendere secondo alcuni medici dell’ospedale San Giovanni Rotondo non erano state sufficientemente testate e pertanto il consiglio che le diedero immediatamente fu quello di abortire. Ma Giulia decise di seguire i consigli del ginecologo Filippo Maria Boscia e, insieme al marito, sceglie la vita. Decide dunque di tenere il bambino e di intraprendere un percorso di cure al Gemelli di Roma. Abbiamo intervistato Giulia al telefono, che ci ha raccontato un cammino complicato ma determinato e pieno di vita, intrapreso con fiducia fino alla nascita di Gioia.
Giulia, come è iniziato tutto e cosa hai fatto?
«Essendo incinta non sapevo nemmeno cosa avessi all’inizio: stavo male, ma non potevo fare tac o altre visite invasive per scoprire quale fosse il problema. Con la risonanza, alla fine, siamo riusciti a venirne a capo e ho capito effettivamente di cosa stavamo parlando: un tumore. Per gli ematologi non avrei potuto portare certamente avanti la gravidanza contemporaneamente alle cure chemiosistemiche»
Stai dicendo che ti hanno in sostanza consigliato di abortire?
«Sì, per loro i rischi erano troppo alti»
Quando ti hanno detto che avresti dovuto abortire per poterti curare cosa hai pensato?
«Come sono entrata in macchina e ne ho parlato con mio marito la scelta è stata subito chiara: non lo avrei mai fatto. La mia è stata la scelta di voler andare oltre a ciò che mi veniva prospettato. Per me il valore della vita e l’idea della salvaguardia della mia creatura, come madre, nonostante il momento drammatico, erano le due cose più importanti»
La bimba dialogava già con te allora? Si è fatta sentire subito per dire “attenzione io ci sono!” ?
«Sì, il giorno in cui ricevetti il diniego di San Giovanni Rotondo e in cui mi è stato consigliato di abortire io l’ho sentita muoversi dentro di me. Io sentivo che lei sarebbe nata, ero più che convinta che sarebbe nata sana, che tutto sarebbe andato bene anche perché quando stavo affrontando le terapie stavo anche tutto sommato bene. Non ho mai avuto conseguenze a parte una pericadite post chemio. Certo ho avuto paura, ero sconfortata, è stato tutto molto difficile. Ma sentivo che tutto si sarebbe concluso per il meglio»
Tu e la bimba oggi come state?
«Bene. Certo ci sono sempre controlli cui sottoporsi ma certamente meglio. La piccola ha 15 mesi e sta bene. E’ impegnativa, un po’ monella, d’altronde è femmina. Pensavo di essere mamma di figli maschi, ne ho un altro proprio maschietto, poi quando ho visto che si trattava di una gravidanza complicata ho detto ok… questa è femmina!»
Chi ti senti di ringraziare per la scelta che hai fatto e per come è andata?
«Sicuramente la mia famiglia che mi è stata vicina e mi ha aiutata in quei mesi, poi tutto il personale sanitario del Gemelli, molto professionali davvero, ma soprattutto il prof Boscia che è un medico meraviglioso da un punto di vista professionale e umano»
E a quelle ragazze che affrontano una situazione simile alla tua, cosa diresti?
«Io sono stata una persona sempre riservata ma oggi dopo tutto quanto è accaduto ritengo sia importante far sapere che le alternative all’aborto esistono. Ecco: forse se io non avessi avuto il prof Boscia nessuno mi avrebbe invitata a non abortire. Più di qualche ragazza incinta con i problemi simili ai miei ha fatto questa scelta per non saper che cosa fare. Purtroppo per cultura oggi sembra più facile dire “abortisci”. Invece la possibilità di curarsi e di scegliere altre strade c’è basta informarsi. Per questo vi ringrazio per lo spazio che date alla mia testimonianza».