Che l’aborto, al contrario di quanto racconta la narrativa progressista, non sia esattamente una passeggiata per le donne che vi fanno ricorso, è piuttosto noto, ma forse non abbastanza.
Pochi sanno, ad esempio che addirittura il 60% delle donne che ricorrono all’interruzione di gravidanza hanno pensieri suicidari e che lo stato depressivo che segue all’esperienza dell’aborto è molto più forte della depressione post partum, in quanto logora la donna per anni. Sono dati evidenziati da Right to life su cui vengono riportate tutte le pubblicazioni scientifiche in merito.
Ma è anche ciò che coincide con l’esperienza di Erica Secomandi, una giovane donna che a Pro Vita & Famiglia ha voluto raccontare la sua personale e dolorosa esperienza in seguito ad un aborto volontario.
Ascolta "La testimonianza di una mamma che ha abortito: «Una scelta che porta solo dolore»" su Spreaker.«Ho 42 anni sono sposata e ho un figlio di quasi 10 anni, cinque anni fa sono rimasta incinta e il bambino che portavo in grembo, dopo i primi esami, risultava affetto da una patologia. All’inizio non era pronta a questa evenienza. In realtà ciò era dovuto a problemi che mi portavo dietro da tempo. Già con il primo figlio, quando è nato, ho sfiorato la depressione post partum: mi sentivo inadeguata ad essere mamma. Quindi quando ho saputo che il mio bambino era affetto da una patologia, inizialmente ho pensato di tenerlo, poi, ho cominciato a cambiare idea. Mi hanno assalita ansie, paure, l’idea di non farcela. Peraltro in quel periodo, non eravamo ancora vicini alla fede. Solo la nostra conversione, che è avvenuta in seguito, ci ha resi consapevoli di alcune cose che all’epoca non avevamo chiare. In quel periodo mi sentivo sola e spaventata, addirittura mi davano dell’egoista per la mia scelta di tenere il bambino, perché se fosse nato con un handicap, non ci sarebbe stato nessuno, dopo la morte mia e di mio marito ad occuparsene»
Non c’era nessuno, dunque, che la incoraggiava a tenere il bambino?
«Solo la mia migliore amica, persona di grande fede, mi diceva che l’amore mi avrebbe dato la forza per tutto. Una parte di me voleva ascoltarla, ma in quel momento non ero nelle condizioni piscologiche giuste: mi sentivo inadeguata, pensavo che non ce l’avrei mai fatta, è iniziato a venirmi il panico, stavo male psicologicamente. Anche mio marito non se la sentiva di gestire una situazione simile. Ripensando a quei giorni, mi sembra tutto un incubo, perché se capitasse adesso, invece, non avremmo dubbi sulla scelta di tenere il bambino. Peraltro in quel periodo ho avuto un colloquio con una psicologa dell’ospedale».
Cosa le ha consigliato?
«La psicologa ha detto di aver capito la mia storia, di aver capito che in quel periodo ero molto sola. Così alla fine di quel colloquio mi ha detto che comprendeva la mia scelta e che era convinta che fosse la decisione più giusta rispetto alla mia situazione».
Una visione oggettiva della sua situazione le è mai stata proposta?
«Le voci più forti a fianco a me mi dicevano che non sarei mai stata in grado di gestire questo bimbo e sono stati i condizionamenti che ho più seguito»
La sua esperienza potrebbe essere utile a qualcuno? Se sì, in che modo?
«Sì, motivo per cui ho iniziato a far parte del Movimento per la vita della mia città. Peraltro, qualche mese fa, sono andata a vedere il film “Unplanned” e ciò che mi ha colpito è stato il riconoscermi nella protagonista che ha abortito come me. Inoltre, alla fine del film, ho appreso dalla fondatrice della Dominus Production, Federica Picchi che, dall’inizio dell’anno, fino a giugno, 18 donne si sono tolte la vita, post aborto. Quando ho sentito queste parole sono stata toccata, perché nessuno prepara le donne a ciò che arriverà dopo. Si parla sempre del prima, ma quello che arriva dopo, nel momento stesso in cui lo fai, ti distrugge dentro. Io stessa pensavo di non avere più nessun diritto di vivere. Quello che non dicono è che, dopo l’aborto, non ci sarà più nessun istante della tua vita in cui non penserai a tuo figlio».
Quindi quando la donna abortisce è sola sia prima che dopo?
«Secondo me le donne che decidono di abortire si raccontano tante bugie ma la verità è solo una: che togli la vita a tuo figlio. E’ brutale, ma è la verità, solo che adesso non si può più dire. Io invece vorrei poter parlare le donne che prendono in considerazione l’aborto e si sentono inadeguate e dir loro cosa viene dopo».
Come parlerebbe a queste donne?
«Direi che quella paura che provano in quel momento non è minimamente paragonabile a quello che proveranno se poi faranno la scelta di abortire e che non ci sarà nessun secondo della loro vita in cui non rimpiangeranno quello che hanno fatto. Infine, se potessi parlare alla me stessa di alcuni anni fa le direi che l’amore per il suo bambino la aiuterà ad affrontare qualsiasi difficoltà, invece la scelta dell’aborto le procurerà solo disperazione e dolore».