14/04/2023 di Giuliano Guzzo

La vicenda del piccolo Enea: una lezione anti-aborto. Ma l'Italia è indietro

Quella scorsa non è stata una Pasqua qualsiasi. Sicuramente, non lo è stata per il piccolo Enea, che alle ore 11:40 è stato lasciato alla Culla per la Vita della clinica Mangiagalli di Milano che in questo modo, dalla terza volta da quando è nata, nel 2007, è tornata in funzione. Il piccolo - di origine caucasica e nato da circa una settimana di 2,6 kg – è stato lasciato da sua madre accompagnato da una lettera piena di parole di rassicurazione e di amore. «Ciao mi chiamo Enea», recita il messaggio, «la mamma mi vuole bene ma non mi può seguire. Sono nato in ospedale perché la mia mamma voleva essere sicura che era tutto ok e stare insieme il più possibile. È super sano, tutti gli esami fatti in ospedale sono ok».

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Ora, come noto questa vicenda ha suscitato enorme clamore, dando l’occasione per parlare di due aspetti poco noti. Il primo è la facoltà di partorire in anonimato; il secondo, è l’esistenza, non solo a Milano ma in tutto il Paese, di decine di culle per la vita operative h24. «È una cosa che pochi sanno», ha commentato al riguardo Ezio Belleri, direttore generale del Policlinico di Milano, «ma in Ospedale si può partorire in anonimato, per la sicurezza di mamma e bambino. Inoltre esistono le Culle per la Vita: la nostra si trova all’ingresso della Clinica Mangiagalli e permette di accogliere in totale sicurezza un bimbo che i suoi genitori non possono purtroppo tenere con sé. È una decisione drammatica, ma la Culla consente di affidare il piccolo a una struttura dove gli sono garantite cure immediate e che preserva l’assoluto anonimato per i genitori».

Le ultime, positive, notizie su questa storia arrivano da una nota del Policlinico, secondo cui il piccolo Enea ha già trovato famiglia. Il tribunale, ha infatti fatto sapere la struttura, affiderà il piccolo a una famiglia che si era già resa disponibile ed era stata valutata idonea per accogliere un bambino abbandonato. Dunque, una volta tanto, si può dire che tutto sia filato liscio, dinnanzi ad una situazione sicuramente emergenziale come può essere quella dell’abbandono di un bambino che tuttavia va interpretato come un gesto di amore da parte di una mamma che, in questo modo, ha voluto dare una chance al suo piccolo, evitando di ricorrere all’aborto.

Tuttavia questa vicenda – nella quale si è inserito anche un bell’appello del comico e attore Ezio Greggio, che ha chiesto alla madre di Enea di farsi avanti, promettendo di darle insieme ad altri tutto l’aiuto necessario (un appello che tuttavia alcuni fenomeni sui social sono comunque riusciti a criticare) – alimenta anche degli spunti di riflessione che non possono in alcun modo essere elusi. A partire dal fatto che tanto, finalmente, si sia parlato delle già ricordate culle per la vita. D’accordo, ma quanti sanno e tutt’ora, anche dopo questa storia, possono dire di sapere davvero come funzioni questo sistema di accoglienza, peraltro di origine medievale? E quanta informazione c’è realmente sulla già ricordata – e più che garantita - facoltà di partorire in anonimato negli ospedali? E sull'assistenza - materiale e non solo - offerta dai Centri di Aiuto alla Vita?

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Simili quesiti, si badi, non vogliono in alcun modo essere polemici; tutto il contrario. Servono invece a sollevare un tema che davvero merita di essere affrontato, e cioè il fatto che, in un’Italia in cui finalmente si è iniziato a discutere (anche se con un ritardo di anni, se non di decenni purtroppo) del tema dell’inverno demografico, la cultura della vita e della natalità sia ancora allo stadio embrionale. Sentiamo cioè spesso parlare dell’importanza di far sì che nel nostro Paese nascano più bambini, ma perché non siamo ancora in grado di garantire a tutte le mamme che un figlio lo hanno o lo aspettano di poterlo crescere e tenere? Forse è questa, amara ma senza dubbio istruttiva, la lezione che, a pochi giorni dalla sua venuta al mondo, già ci lascia il piccolo Enea.

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